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Lavoro a chiamata: la riforma limita i casi in cui è ammesso l’utilizzo

La riforma lavoro ha apportato modifiche alle causali che giustificano il ricorso al lavoro intermittente. Dal 18 luglio 2012 possibile la chiamata nei confronti di lavoratori con meno di 24 anni e più di 55 anni. Abrogato la norma che consentiva l’utilizzo in periodi predeterminati, ossia nei weekend, ferie estive, vacanze pasquali e natalizie. Vediamo tutte le novità.
A cura di Antonio Barbato
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contratto di lavoro intermittente

Il contratto di lavoro intermittente è stato oggetto di importanti modifiche dalla riforma lavoro, la legge n. 92 del 2012 in vigore dal 18 luglio 2012. Dal nuovo obbligo di comunicazione preventiva alle importanti modifiche sui casi in cui è consentito l’utilizzo del lavoro a chiamata, che ora approfondiremo, la direzione del Governo nell’intervento legislativo che ha riformato il mercato del lavoro è una: contrastare l’uso improprio della flessibilità tipica dei contratti come il lavoro a chiamata,  e anche il lavoro accessorio. Novità in tal senso anche sul lavoro a progetto e il contratto a termine. La legge Fornero combatte gli abusi di tali contratti. E nel lavoro intermittente lo fa modificandone le possibilità di utilizzo.

Il lavoro a chiamata è un contratto dedicato alle prestazioni di carattere discontinuo e alle esigenze temporanee dei datori di lavoro. Mediante il contratto di lavoro intermittente un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne utilizza la prestazione quando ne ha effettivamente bisogno, senza obbligo di garantirsi la chiamata in maniera continua e senza obblighi retributivi, se non la corresponsione di una indennità di disponibilità se il lavoratore deve garantire la propria presenza al momento della chiamata, essendone a quel punto vincolato.

Il nuovo obbligo di comunicazione preventiva. Si tratta di una delle modifiche al lavoro a chiamata. In sostanza, dal 18 luglio 2012, i datori di lavoro che hanno bisogno delle prestazioni lavorative, ed hanno stipulato un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore, al momento della chiamata a lavoro del lavoratore devono inviare un sms o un fax o una email alla Direzione territoriale del lavoro per comunicare i giorni in cui, nell’arco di 30 giorni, il lavoratore è impiegato presso il lavoro. E questa comunicazione va effettuata prima dell’inizio della prestazione lavorativa, pena la sanzione da 400 euro a 2.400 euro. Per maggiori informazioni vediamo la comunicazione preventiva nel lavoro intermittente.

Oltre agli obblighi comunicativi che mirano palesemente a contrastare l’abuso del contratto di lavoro intermittente, molto spesso criticato in passato per le forti possibilità elusive (facilmente nasconde prestazioni di lavoro a nero), è stata modificata la disciplina relativa alle causali oggettive e soggettive che giustificano il ricorso al lavoro a chiamata. In sostanza è stata modificata la lista dei casi in cui si può utilizzare il contratto a chiamata e la platea dei soggetti che possono stipulare tali rapporti di lavoro intermittente. Approfondiamo questo aspetto.

Novità sui casi in cui è ammesso il lavoro intermittente

L’art. 34 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, la riforma Biagi che introdusse il lavoro a chiamata o job on call, indica specificamente quali sono i casi in cui è ammesso il ricorso al lavoro intermittente (o a chiamata). La riforma del lavoro, la legge n. 92 del 2012, ha modificato questo articolo consentendo quindi un diverso ricorso del contratto di lavoro intermittente.

Le causali di utilizzo del lavoro intermittente prima della riforma. Fino al 17 luglio 2012, giorno precedente al 18 luglio che è la data di entrata in vigore della riforma, il lavoro intermittente era consentito in presenza di queste tre causali:

  • per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze
    individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale;
  • per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (i week-end, le ferie estive, le vacanze pasquali o natalizie);
  • in via sperimentale con soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero con
    lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati; Non è necessario ai fini di questo requisito la presenza di uno stadio di inoccupazione di lunga durata.

La riforma del lavoro ha modificato la lista dei casi in cui si può utilizzare il contratto a chiamata nonché la platea dei soggetti che possono stipulare rapporti di lavoro intermittenti. Vediamo tutte le novità e le modifiche.

Le modifiche ai limiti di età per il lavoro a chiamata. A far data dal 18 luglio 2012, come precisato dalla circolare n. 18/2012 del Ministero del lavoro,  è stato escluso il ricorso al lavoro a chiamata per le “prestazioni rese da soggetti con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati”. Il legislatore ha introdotto infatti un diverso requisito di carattere soggettivo, che è il seguente:

  • E’ ammessa la sottoscrizione di un contratto di lavoro intermittente “con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età”.

Lavoro a chiamata fino ad un massimo di 25 anni di età. C’è da chiarire cosa significa “fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età”: Ai fini della stipula del contratto il lavoratore non deve aver compiuto 24 anni, e quindi il limite è stato ridotto di un anno (prima era 25 anni di età, ora 24). Inoltre, ai fini dell’effettiva prestazione di lavoro intermittente (ossia quando riceve la chiamata da parte del datore di lavoro), il lavoratore non deve aver compiuto 25 anni. In sostanza, pertanto, il ventiquattrenne potrà essere chiamato dal datore di lavoro a svolgere la giornata o le giornate di prestazione lavorativa sino al giorno antecedente al compimento dei 25 anni di età.

Il rischio della trasformazione a tempo indeterminato. E le aziende devono fare attenzione perché una eventuale violazione del limite dei 25 anni di età determinerà la trasformazione del rapporto in un rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e a tempo indeterminato.

Niente chiamata libera nei weekend, ferie, vacanze natalizie e pasquali. La legge n. 92 del 2012 che ha riformato il mercato del lavoro, nel continuare la linea di lotta dura all’abuso delle forme contrattuali flessibili per nascondere rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ha modificato anche l’art. 36 del Decreto Legislativo n. 27 del 2003 che consentiva di ricorrere, sempre e comunque, a lavoro intermittente “per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali” nonché in “ulteriori periodi predeterminati dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale”.

Casi di utilizzo del lavoro intermittente dopo la riforma

La riforma del lavoro Fornero, legge n. 92 del 2012, in vigore dal 18 luglio 2012, ha quindi modificato gli articoli del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 riguardanti il lavoro intermittente. Sulla base delle modifiche apportate sono quindi cambiate le specifiche ipotesi in cui è consentito il ricorso al lavoro a chiamata. Più precisamente, dal 18 luglio 2012, è possibile utilizzare il lavoratore nelle seguenti ipotesi (circolare n. 18 del Ministero del Lavoro):

  • Per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente “secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno” (ai sensi dell’art. 34 comma 1 del D. Lgs. n. 276 del 2003);
  • Con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età;
  • Per le attività elencate nella tabella approvata con R.D. n. 2657 del 1923, ai sensi dell’art. 40 del D. Lgs. n. 276 del 2003 e del D. M. 23 ottobre 2004.

Il potere ai contratti collettivi. Per quanto riguarda il primo punto dell’elenco, viene di fatto rimessa alla contrattazione collettiva l’individuazione sia delle “esigenze”, sia dei “periodi predeterminati” che giustificano il ricorso al contratto a chiamata. Ossia determinare, con riferimento alle peculiarità e ai bisogni di ciascun settore merceologico, le situazioni che giustificano la stipula di contratti di lavoro intermittente. In via teorica, le parti sociali hanno la facoltà di reintrodurre le disposizioni dell’art. 37 abrogato, quindi legittimare nuovamente il ricorso al lavoro intermittente, sempre e comunque, nei weekend, nelle ferie estive, nelle vacanze pasquali e natalizie.

C’è da dire che, visto il poco gradimento dei contratti collettivi verso il lavoro a chiamata, il rischio è che il lavoro intermittente non sarà più utilizzato. Se i CCNL non liberalizzeranno l’utilizzo del contratto a chiamata nel weekend, durante le ferie, le vacanze natalizie e pasquali oppure per periodi predeterminati, l’unico caso in cui si potrà utilizzare il contratto in assenza di previsione contrattuale collettive è quello in cui si impiegano lavoratori over 55 anni oppure giovani con meno di 24 anni. Quindi un utilizzo di nicchia di un contratto che in questi anni è stato ampiamente utilizzato, anche se oggetto di forti elusioni.

L’ultimo punto in elenco fa riferimento alla R.D. n. 2657 del 1923 e all’intervento del Ministero del lavoro che con il D.M. 23 ottobre 2004 ha indicato le ipotesi oggettive per le quali è possibile stipulare il contratto di lavoro intermittente. La tabella elenca tutte le attività, tra le quali citiamo ad esempio le attività svolte da camerieri, barbieri, custodi, fattorini, personale degli ospedali, benzinai, guardiani, portinai, ecc.. Il decreto però non specifica le esigenze che legittimano il ricorso al lavoro intermittente ma si limita al rinvio all’elenco della R.D. n. 2657 del 1923.

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