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Pensione di inabilità: per il diritto conta solo il reddito individuale

Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore degli invalidi civili è calcolato con riferimento al reddito individuale agli effetti dell’Irpef, con esclusione del reddito percepito dagli altri componenti del nucleo familiare. Lo ha stabilito il Decreto Lavoro ponendo fine alle polemiche sull’interpretazione dell’Inps sul reddito familiare cumulato come riferimento. Che provocava la perdita del diritto a molti.
A cura di Antonio Barbato
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Il Decreto Legge n. 76 del 2013, noto come Decreto Lavoro del Governo Letta, ha posto fine ad una serie di polemiche scatenate da una interpretazione riguardante il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità. L’Inps e la Cassazione sostenevano che il reddito di riferimento dovesse essere quello familiare, quindi non solo il reddito personale del soggetto destinatario del trattamento di pensione. La conseguenza per molti era la perdita del diritto, essendo cumulabile in questo caso il reddito degli altri familiari. Il Decreto lavoro ha chiarito tutto: si escludono i redditi degli altri componenti familiari, il reddito di riferimento è quello individuale.

Con l’art. 10 comma 5 del Decreto Lavoro il Governo ha chiarito in maniera definitiva che si prende a riferimento il reddito individuale: “All'articolo 14-septies del decreto-legge 30 dicembre  1979,  n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29  febbraio1980,  n. 33, dopo il sesto comma, è  inserito  il  seguente:  «Il  limite  di reddito per il diritto alla pensione  di  inabilità  in  favore  dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della  legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al  reddito  agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”. 

L’Inps aveva dapprima sostenuto che il reddito da considerare era quello familiare, e non individuale, anche sulla base di alcune sentenze della Cassazione che fornivano consistenza a tale indirizzo, poi, a seguito delle numerose polemiche e obiezioni scatenate dai percettori della prestazione previdenziale, aveva rimandato tutto ad una nota ministeriale con il messaggio n. 717 del 14 gennaio 2013, tornando a liquidare l’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale e la pensione di inabilità facendo riferimento ai limiti di reddito personale dell’invalido. A risolvere tutta la questione, evitando la nota ministeriale, è arrivato il Governo Letta prevedendo esplicitamente che il riferimento è l’imponibile fiscale del contribuente, il reddito personale del percettore ai fini Irpef, escludendo gli altri componenti del nucleo familiare, e quindi il reddito familiare. 

Le pensione di inabilità prive di un provvedimento definitivo ed il recupero degli importi erogati. Il successivo comma 6 dell’art. 10 del Decreto Lavoro ha disposto che tale regola sul reddito individuale si applica “si applica anche alle domande di pensione di  inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione (28 giugno 2013), limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non  si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente  disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5.

Le prestazioni in favore degli invalidi civili

Le prestazioni riconosciute dall’Inps in favore degli invalidi civili sono, tra le altre, la pensione di inabilità, l’assegno mensile, l’indennità di accompagnamento e l’indennità mensile di frequenza.

La pensione di inabilità viene riconosciuta in caso di possesso dei seguenti requisiti: invalidità totale e permanente al 100%, un’età compresa tra i 18 anni e i 65 anni e 3 mesi dal 2013 ed un reddito non superiore per l’anno 2013 a 16.127,30 euro. Con l’interpretazione introdotta dal Decreto Lavoro tale limite di reddito è calcolato in riferimento al reddito del soggetto, non si cumulano i redditi dei familiari.

L’assegno mensile, che è pari a 275,87 euro al mese nell’anno 2013, è previsto per gli invalidi con un grado di invalidità tra il 74% ed il 99%, che non prestano attività lavorativa, che hanno una età compresa tra i 18 anni e i 65 anni 3 mesi, ed un reddito non superiore a 4.738,63 euro nel 2013.

L’indennità di accompagnamento viene erogata dall’Inps in presenza dei seguenti requisiti: una invalidità totale e permanente al 100%, accompagnata dalla impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure l’impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vieta e conseguente necessità di un’assistenza continua. In questo caso l’indennità è riconosciuto al solo titolo della minorazione, indipendentemente dalle condizioni di età e reddituali. Quindi non era limitata dalle pronunce sul reddito familiare della Cassazione e dalle disposizioni Inps.

L’indennità mensile di frequenza è destinata ai giovani con meno di 18 anni. Il minore deve avere difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni propri della minore età oppure  una “perdita uditiva superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore nelle frequenze 500, 1000, 2000 hertz. E deve frequentare in maniera continua o periodica di centri ambulatoriali oppure frequenza di scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado a partire dagli asili nido. Il reddito non deve essere superiore a 4.738,63 euro annui.

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