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Quando l’azienda può negare l’anticipazione TFR: le deroghe dei CCNL

I dipendenti con almeno 8 anni di servizio possono richiedere l’anticipo del 70% del TFR maturato per spese sanitarie, acquisto prima casa e congedi per astensione facoltativa o formazione. Il datore di lavoro può negare l’anticipo, la legge consente il pagamento entro determinati limiti, dal 4% dei lavoratori in forza all’esonero per le aziende in crisi e in cassa integrazione guadagni. I contratti collettivi possono stabilire condizioni di miglior favore.
A cura di Antonio Barbato
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I lavoratori italiani dipendenti, titolari di un contratto di lavoro subordinato del settore privato, hanno diritto all’erogazione del trattamento di fine rapporto (o liquidazione o buonuscita) all’atto della cessazione, per dimissioni o licenziamento, del proprio rapporto con il datore di lavoro. In costanza di rapporto, essi possono chiedere all’azienda anche un’anticipazione del TFR, se in possesso di alcuni requisiti e se sussistono le ragioni giustificative di legge per la richiesta.

Il codice civile all’art. 2120 comma 8 disciplina l’anticipo TFR prevedendo che il lavoratore con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro può chiedere un’anticipazione del trattamento di fine rapporto nella misura non superiore al 70% del TFR maturato fino a quel momento, ossia alla data della richiesta.

L’anticipo del TFR non può essere richiesto per la sola maturazione di 8 anni di servizio, ma è necessaria la sussistenza di eventi che ne giustificano la richiesta, eventi di natura occasionale che comportano la necessità da parte del lavoratore di una importante somma di denaro, quale è il 70% del TFR maturato nel corso di almeno 8 anni di lavoro. La misura del 70% è il massimo che il lavoratore può richiedere, ma in ogni caso devono sussistere le ragioni.

Le ragioni stabilite dall’art. 2120 del codice civile. Ad elencare le ragioni giustificative è lo stesso art. 2120 del codice civile, che regola la disciplina del TFR. L’articolo prevede due casi in cui è legittima la richiesta dell’anticipazione del TFR:

  • eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
  • acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (atto notarile non più necessario, basta l’acquisto in itinere);

Le ragioni stabilite dalla legge n. 53 del 2000. Oltre ai due casi previsti dall’art. 2120 del codice civile, la legge n. 53 del 2000 prevede ulteriori due casi in cui l’anticipazione sul TFR può essere autorizzata dai datori di lavoro. Si tratta dei seguenti due casi:

  • spese durante l’astensione facoltativa per maternità;
  • spese durante i congedi per la formazione extra-lavorativa o per la formazione continua.

Il comma 8 dell’art. 2120 del codice civile però disciplina anche i limiti alle richieste di anticipazione del TFR dei dipendenti e questo aspetto legato ai limiti, che consentono all’azienda di rifiutare la richiesta del lavoratore nonostante il possesso dei requisiti della legge, che approfondiamo.

Quando l’azienda può negare l’anticipazione del TFR

La legge pone dei limiti all’erogazione delle anticipazioni da parte dei datori di lavoro. L’erogazione delle anticipazioni sui TFR comportano esborsi finanziari per l’azienda, pur se il trattamento di fine rapporto è un diritto acquisito ed una quota di retribuzione differita per il lavoratore.

Il comma 8 dell’art. 2120 del codice civile stabilisce che “le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo (ossia i lavoratori che hanno 8 anni di servizio), e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti”. Quindi i datori di lavoro, ma quelli di dimensioni superiori alle 25 unità, possono limitare l’esito positivo alle richieste dai dipendenti sulla base della propria forza lavorativa. Per il numero dei dipendenti deve considerarsi quello esistente all’inizio di ogni anno.

Se un’azienda ha una forza lavorativa di 30 unità, di cui 20 unità con almeno 8 anni di lavoro, è obbligata a concedere l’anticipo TFR nel limite del 10%, ossia in favore di 2 lavoratori, ma soprattutto nel limite del 4% della sua forza lavorativa di 30 unità, quindi non più due lavoratori ma uno soltanto, essendo il 4% di 30 lavoratori pari a 1,2 lavoratori. Quindi per le aziende di 30 unità lavorative, l’obbligo scatta nei confronti di un solo lavoratore. Resta ovviamente a discrezionalità aziendale, soprattutto nei casi di spese sanitarie, la concessione dell’anticipo del TFR al dipendente.

Sono pertanto escluse dall’obbligo di erogare l’anticipazione del TFR le aziende con meno di 25 dipendenti in quanto l risultato dell’applicazione della percentuale del 4% non può essere inferiore all’unità (il 4% di 25 è pari ad 1, un lavoratore). Lo ha stabilito la Cassazione nel 1992. Ne consegue che le aziende di piccole dimensioni, possono certamente concedere l’anticipazione del TFR nei casi previsti dalla legge, ma non sono obbligate a farlo.

I criteri di scelta dei lavoratori in caso di pluralità di domande. Se il lavoratore da un lato deve provare la sussistenza delle condizioni di erogazione, partendo dagli 8 anni di servizio in azienda fino alla documentazione comprovante l’acquisto in caso di anticipazione per l’acquisto della prima casa, per il datore di lavoro l’unico elemento ulteriore rilevante, nella circostanza di una pluralità di richieste da parte dei lavoratori e nella circostanza di obbligo di legge (più di 25 lavoratori), sarebbe l’ordine di presentazione delle domande. Viene esclusa la discrezionalità della scelta tra più richiedenti da parte del datore di lavoro.

Il datore di lavoro quindi, se la richiesta del lavoratore ha i requisiti richiesti, se le richieste pervenute rientrano nel limite del 10% degli aventi titolo (lavoratori con almeno 8 anni di anzianità aziendale) e comunque nel 4% del totale dei dipendenti, come abbiamo detto, non può negare l’erogazione dell’anticipo sul TFR. Sono fatte salve però le eventuali condizioni di miglior favore previste in sede negoziale (CCNL) o pattizia individuale, anche in riferimento ai criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.

Niente anticipazioni TFR da aziende in crisi. Non sono tenute all’anticipazione le aziende dichiarate in crisi ai sensi della legge n. 75 del 1977, imprese nei confronti delle quali vi fosse stata dichiarazione di fallimento, ovvero omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione di beni, ovvero emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria. L’esonero è contestuale con il provvedimento dichiarativo di crisi aziendale, a nulla rilevando la domanda. I lavoratori appartenenti ad aziende in fase di ristrutturazione, o riconversione aziendale a causa della crisi non possono quindi richiedere l’anticipo del TFR.

Niente anticipo TFR per le aziende in CIGS. La Corte di Cassazione ha affermato, con una sentenza del 1995, che il riferimento alle aziende in crisi dell’art. 4 comma 2 della legge n. 297 del 1982 deve essere interpretato in maniera estensiva, considerando come tali anche tutte le aziende in Cassa integrazione guadagni straordinaria.

Le condizioni di miglior favore: i CCNL, le deroghe e le priorità

Il comma 8 dell’art. 2120 del codice civile autorizza la contrattazione collettiva a disciplinare la normativa di settore relativa alle modalità, criteri e accoglienza delle richieste di anticipazione del TFR: “Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione”.

La Cassazione sulla derogabilità dell’anticipazione. La Suprema Corte di Cassazione sottolinea questo potere ai CCNL, stabilendo però le distanze rispetto alla normativa riguardante il TFR. La disciplina delle anticipazioni sul trattamento di fine rapporto (o liquidazione) si distingue da quella più generale riguardante il trattamento di fine rapporto e dalle sue modalità di calcolo. L’inderogabilità del TFR non incide sulla disciplina delle anticipazioni, che sono derogabili per accordo collettivo o individuale tra le parti. Lo stabilisce la Cassazione con una sentenza del 2007.

Le priorità nell’erogazioni delle anticipazioni stabilite dai CCNL. I contratti collettivi, ma attenzione non gli accordi individuali, possono stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione. Ossia un elenco delle anticipazioni prioritarie, ossia quelle da preferire in caso di pluralità di richieste. Il CCNL del settore commercio o terziario ad esempio stabilisce il seguente ordine di priorità per la concessione di anticipazioni del trattamento di fine rapporto:

  • interventi chirurgici o terapie di notevole complessità e onerosità in Italia o all’estero, di cui necessitino il dipendente o familiari conviventi o familiari a carico, quando la prognosi sia di estrema gravità;
  • acquisto di prima casa di abitazione per il dipendente con familiari conviventi, a seguito di provvedimento giudiziario che rende esecutivo lo sfratto, sempreché il coniuge convivente non risulti proprietario di alloggio idoneo e disponibile nel comune sede di lavoro del dipendente o in zona che consenta il raggiungimento quotidiano della sede di lavoro;
  • interventi chirurgici o terapie di notevole complessità e onerosità, in Italia o all’estero, di cui necessitino il dipendente o familiari conviventi o familiari a carico;
  • acquisto o costruzione di prima casa di abitazione per il dipendente con familiari conviventi, alle condizioni: che il coniuge convivente non risulti proprietario di alloggio idoneo e disponibile come indicato alla lettera b), che l’alloggio da acquistare o da costruire sia situato nel comune sede di lavoro o in zona che consenta il raggiungimento quotidiano della sede di lavoro, che l’interessato o il coniuge convivente non abbiano alienato alloggio idoneo e disponibile dopo la data di entrata in vigore della legge, ossia dopo 1 giugno 1982;
  • terapie o protesi che non siano previste dal Servizio Sanitario Nazionale di cui necessitino il dipendente o familiari conviventi o familiari a carico, escluse quelle che comportano una spesa inferiore a due dodicesimi della retribuzione annua;
  • acquisto o costruzione di prima casa di abitazione per il dipendente con familiari conviventi alla condizione che il coniuge convivente non risulti proprietario di alloggio idoneo disponibile nel comune sede di lavoro del dipendente o in zona che consenta il raggiungimento quotidiano della sede di lavoro e alla condizione che l’alloggio da acquistare o da costruire sia analogamente situato;
  • acquisto o costruzione di prima casa di abitazione per il dipendente in tutti i casi non previsti ai punti precedenti;
  • acquisto o costruzione di prima casa di abitazione per figlio di dipendente che abbia contratto matrimonio quando il coniuge non risulti proprietario di alloggio idoneo nel comune di residenza del beneficiario o in zona vicina;
  • acquisto o costruzione di prima casa di abitazione per figlio di dipendente;
  • spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali e formativi;
  • altri casi che rientrino comunque nelle previsioni di legge.

Il CCNL dispone poi che domande di anticipazione, adeguatamente motivate e accompagnate da un preventivo di spesa, dovranno essere presentate entro il 28 febbraio di ogni anno e la graduatoria, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali. In caso di parità fra più dipendenti collocati nel medesimo livello di graduatoria viene accordata priorità al dipendente con maggiore anzianità di servizio. A parità di anzianità, viene seguito l’ordine temporale di presentazione delle domande.

La Cassazione sul calcolo TFR e anticipazione. La giurisprudenza ha chiarito che la corresponsione di anticipazioni in corso del rapporto lavorativo, ovvero la comunicazione del datore di lavoro riguardo la misura degli accantonamenti utili ai fini della futura liquidazione del trattamento di fine rapporto, non comportano la decorrenza della prescrizione, trattandosi di atti inidonei a eliminare la situazione di incertezza che, continuando a sussistere, legittima il lavoratore a richiedere l’accertamento giudiziale del suo diritto. Lo dice una sentenza della Cassazione del 2004.

Adempimenti del lavoratore dopo l’anticipazione

La prova di acquisto post anticipazione. L’anticipazione del trattamento di fine rapporto, come abbiamo visto, deve essere giustificata ed adeguatamente. Ne consegue che una volta ottenuta l’anticipazione, e verificandosi l’evento posto a fondamento della richiesta di anticipo TFR, il lavoratore ha l’onere di darne prova tramite l’esibizione della documentazione al datore di lavoro. Questo per tutelare gli altri lavoratori dell’azienda in termini di richiesta di anticipazioni, nei casi ad esempio di pluralità di richieste. Alcuni lavoratori, infatti, possono essere stati esclusi dal diritto per il superamento del contingentamento annuo dettato dalla legge (10% degli aventi diritto e 4% del totale dei dipendenti).

Se il lavoratore non aveva diritto all’anticipazione TFR. Nel caso in cui il lavoratore, non sussistendo le motivazioni, abbia ottenuto l’anticipazione del TFR per esigenze differenti che vanno al di fuori di quelle manifestate nella richiesta, ovvero nel caso in cui il lavoratore non produce la documentazione probatoria richiesta, potrebbe essere validamente chiamato alla ripetizione delle somme illegittimamente ottenute dall’azienda. L’azione dell’azienda si ferma qui: il lavoratore non può essere licenziato. Ferme invece le sanzioni di carattere disciplinare e le eventuali sanzioni di carattere penale se sono sussistenti.

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