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Riforma sul contratto a progetto: limiti e novità sul compenso

La riforma del Ministro Fornero stringe il campo di applicazione dei contratti a progetto: necessario un progetto specifico e l’ottenimento di un risultato finale. In mancanza c’è la presunzione di un rapporto di lavoro di tipo subordinato. E il datore di lavoro può recedere per inidoneità professionale del lavoratore. Vediamo tutte le novità.
A cura di Antonio Barbato
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contratto a progetto

(UPDATE – Aggiornamento 14 dicembre 2012) – La riforma del lavoro varata dal Ministro Fornero e dal Governo Monti ha come obiettivo dichiarato “realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione”. Tale obiettivo viene perseguito negli articoli della riforma con politiche che favoriscono “l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili e ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato, cosiddetto "contratto dominante", quale "forma comune di rapporto di lavoro” e quindi “contrastando usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti”.

Una delle tipologie contrattuali più diffuse, ma anche più eluse, è il contratto a progetto. Si tratta di una tipologia contrattuale semplice ampiamente utilizzata dai datori di lavoro per il risparmio economico: viene erogato, in rate mensili, solo il compenso indicato nel contratto. Mentre l’azienda non ha a proprio carico elementi della retribuzione normalmente spettanti ai lavoratori dipendenti come la tredicesima mensilità, i ratei di ferie e permessi retribuiti, il trattamento di fine rapporto (Tfr).

Ne consegue che su base annua il costo del lavoro, nonché il netto in tasca del lavoratore, è spesso inferiore rispetto a quello che sarebbe sostenuto se il lavoratore fosse assunto con un contratto di lavoro subordinato, parametri retributivi del CCNL alla mano. Sui compensi erogati per i contratti a progetto, poi, è consistente il risparmio dei contributi da versare per effetto dell’aliquota contributiva ridotta per la Gestione Separata (nel 2012 il 27,72%) rispetto a quella prevista per il settore di appartenenza.

Ovviamente, il contratto a progetto non è una tipologia contrattuale alternativa al contratto di lavoro subordinato disciplinato dai contratti collettivi, ma è solo un contratto di lavoro flessibile che deve essere utilizzato in alcuni casi: quando l’azienda vuole realizzare un progetto e si affida ad un lavoratore per la realizzazione dello stesso, che avviene senza vincoli di subordinazione. Ma, come ha evidenziato la riforma stessa, tale contratto è spesso eluso perché utilizzato anche per rapporti di lavoro di fatto di natura subordinata, con il datore di lavoro che esercita il potere direttivo e di controllo sul lavoratore.

Ebbene, con la riforma lavoro, il contratto a progetto è stato fortemente limitato nel suo utilizzo legale, o per meglio dire, è stata rafforzata la presunzione di rapporto di lavoro di tipo subordinato tra le parti. Vediamo gli aspetti, come cambia il contratto a progetto per effetto della riforma del lavoro.

Come cambia il contratto a progetto

E’ confermato che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, personale e senza vincolo di subordinazione, “devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore”. Quindi ci vuole il progetto e l’autonomia del collaboratore. Ma ci sono una serie di novità sulle ragioni giustificative dell’utilizzo del contratto a progetto.

La presunzione di contratto di lavoro subordinato. Arriva una stretta sui datori di lavoro che usano il contratto a progetto per nascondere contratti di lavoro di tipo subordinato. Nel comma 24 dell’art. 1 della riforma Lavoro, la legge n. 92 del 28 giugno 2012, c’è una interpretazione più restrittiva dell’art. 69 comma 1 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (Riforma Biagi), la norma che regola il divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e disciplina la conversione del contratto.

L’art. 69 della Riforma Biagi, prima dell’intervento della riforma, recitava così: “I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti”.

“Progetti specifici” come elemento essenziale. Ebbene la novità della riforma lavoro è che questo articolo 69 del D. Lgs. 276/2003 si interpreta nel senso che “l'individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Quindi sono necessari “progetti specifici” e non è più riconducibile ai contratti a progetto l’ampia dicitura “programma di lavoro o fase di questi ultimi”.

Inoltre il progetto “non può consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l'organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa”. Ne consegue che se il progetto non è specifico, se il progetto è riconducibile all’oggetto sociale del committente, si presume che il collaboratore sia titolare di un rapporto di lavoro di tipo subordinato.

Inoltre “Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. E in riferimento a tale novità ed al collegamento con le attività aziendali svolte dai dipendenti, c’è anche la modifica del comma 2 dell’art. 69 del D. Lgs. 276 del 2003: “Salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l'attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Sempre sulla stessa linea intrapresa nelle considerazioni precedenti, la riforma del lavoro pone poi l’accento sull’ottenimento di un risultato finale: “il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale”. Infatti la descrizione del progetto indicato nel contratto deve essere “con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire". Quindi nel contratto stilato per iscritto deve essere indicato non solo un progetto specifico, non rientrante del tutto nell’oggetto sociale aziendale, ma deve essere anche indicato il risultato finale a cui si mira e che giustifica l’utilizzo di questa forma contrattuale.

Circolare n. 29 del 2012: I chiarimenti del Ministero per gli ispettori del lavoro. E' necessario un progetto specifico, che deve essere più dettagliato rispetto al passato. E' necessario che questo progetto indici precisamente il risultato finale da conseguire. Nello svolgimento dell'attività lavorativa, il collaboratore a progetto deve avere un sufficiente grado di autonomia e non deve svolgere compiti meramente esecutivi o ripetitivi. Il ruolo dei CCNL nell'individuazione delle attività vietate, nonché l'indicazione da parte del Ministero del Lavoro delle attività nelle quali è vietato il contratto a progetto, un elenco non esaustivo ma esemplificativo. Tutte le novità della riforma del lavoro sono state oggetto di una circolare del Ministero del lavoro pubblicata il giorno 11 dicembre 2012, la n. 29.

In questa circolare il Ministero indica ai propri ispettori, ma anche ai datori di lavoro che saranno sottoposti a controllo, le linee guida per una valutazione relativa alla congruità del progetto indicato nel contratto. Dovesse essere non genuino o mancante, la sanzione è la costituzione di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato. Ebbene, il Ministero punto dopo punto, riguardo al progetto pone l'accento sulla specificità del progetto stesso, nonché sull'obiettiva verificabilità del collegamento dello stesso ad un risultato finale (indicato nel contratto). Sulle modalità di svolgimento dei compiti, il Ministero focalizza la propria attenzione sui margini di autonomia anche operativa del collaboratore. Ed infine elenca le attività vietate perché non riconducibili ad un progetto. Per tutte le informazioni vediamo i chiarimenti del Ministero sul contratto a progetto.

Le novità sul recesso anticipato da parte del datore di lavoro. Viene introdotta una possibilità di recesso da parte del datore di lavoro, oltre che per giusta causa, anche per inidoneità professionale del collaboratore, quindi un rafforzamento del potere datoriale: “Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro".

Collaborazioni di iscritti ad un Albo professionale. Il comma 3 dell’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 recita “Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali”. Il comma 27 dell’art. 1 della riforma lavoro, la legge n. 92 del 28 giugno 2012, ha interpretato tale esclusione in maniera più restrittiva: La disposizione “si interpreta nel senso che l'esclusione dal campo di applicazione delle disposizioni relative al contratto a progetto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario, l'iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l'esclusione dal campo di applicazione”.

In pratica, se l’oggetto del contratto riguarda un’attività per l’esercizio della quale è necessaria l’iscrizione all’Albo, c’è l’esclusione. Nulla vita che il contratto riguardi attività diverse da queste, in tal caso la collaborazione coordinata e continuativa dovrà essere ricondotta ad un progetto specifico e dovrà avere i requisiti precedentemente descritti.

Novità sul compenso ai collaboratori a progetto

Arriva anche la modifica all’art. 63 che parla dei compensi:. Prima della riforma, l’articolo del D. Lgs. 276 del 2003 recitava “Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto”.

L’art. 63 modificato dalla legge n. 92 del 2012, è il seguente: “Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”.

Inoltre “In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto".

Praticamente c’è l’equiparazione delle retribuzioni dei collaboratori a progetto con quelle dei lavoratori subordinati dell’azienda. Quindi va preso a riferimento il CCNL applicato in azienda per determinare il compenso mensile minimo spettante al collaboratore che interagisce con l’azienda. Ovviamente il tutto va proporzionato alla qualità e quantità della prestazione prestata dal collaboratore che ha firmato il contratto a progetto, specifico da oggi, con l’azienda. In ogni caso si tratta di una limitazione della libertà di contrattazione tra le parti sul compenso, il limite minimo è da ricavare nelle tabelle del CCNL.

Aumento dell’aliquota contributiva della Gestione separata Inps

Oltre alle disposizioni ristrettive sulla possibilità di utilizzo del contratto a progetto come forma contrattuale, o per meglio dire, oltre alle disposizioni che hanno l’obiettivo di contrastare l’uso improprio del contratto a progetto come forma contrattuale anche per i rapporti di lavoro aventi natura subordinata (lavoro dipendente a tutti gli effetti), arriva dalla riforma lavoro anche una novità di tipo contributivo, di tipo previdenziale, che incide moltissimo sulla valutazione della convenienza del contratto a progetto, perché tocca il lato economico della valutazione aziendale.

E’ stato deliberato un incremento dell’aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla Gestione Separata Inps e della corrispondente aliquota per il computo delle prestazioni professionistiche. I contributi dovuti per i contratti a progetto saliranno in un misura percentuale, in maniera progressiva, per alcuni anni e alla fine i contributi dovuti all’Inps saranno di una cifra molto più alta, molto vicina alle cifre e alle percentuali dovute per i lavoratori dipendenti. Quindi si riduce drasticamente la convenienza economica in materia contributiva nello scegliere il contratto a progetto come forma contrattuale.

Aliquota contributiva al 33% nel 2018. Più precisamente è previsto, a decorrere dall’anno 2013, un progressivo aumento delle aliquote contributive che nel 2012 sono già state aumentate rispetto al passato. Erano rispettivamente al 26,72% e al 17% nel 2011, nel 2012 sono state innalzate rispettivamente al 27,72% per le collaborazioni a progetto per non iscritti ad altra gestione e del 18% per i pensionati ed iscritti ad altra gestione. Gli aumenti non finiscono: avremo a partire dal 2013 il seguente progressivo aumento delle aliquote della Gestione Separata:

Dal 2013, l’aliquota sarà del 28% (19% per i pensionati o iscritti ad altra gestione previdenziale;

Dal 2014, l’aliquota saranno rispettivamente del 29% e del 20%;

Dal 2015, l’aliquota saranno rispettivamente del 30% e del 21%;

Dal 2016, l’aliquota saranno rispettivamente del 31% e del 22%;

Dal 2017, l’aliquota saranno rispettivamente del 32% e del 23%;

Dal 2018, le aliquote saranno rispettivamente del 33% e del 24%.

Quindi aumento di un punto percentuale per ogni anno. I contributi dovuti per le collaborazioni a progetto ovviamente si calcolano sul compenso lordo indicato nel Libro Unico. E due terzi è a carico aziendale, mentre un terzo dell’aliquota sarà trattenuta in busta paga a carico del lavoratore. Resta comunque l’intera aliquota un elemento di costo aziendale.

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