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Sciopero dei calciatori: ecco perché salta l’accordo sul contratto collettivo

Saltata la prima giornata di serie A del 2011-2012, i giocatori hanno fatto sciopero. Vediamo quali sono i motivi, gli otto punti proposti dalla Lega Calcio, le risposte di Tommasi e l’Aic ed il litigio sui fuori rosa, i trasferimenti ed il contributo di solidarietà.
A cura di Antonio Barbato
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sciopero calciatori serie A

Tra dichiarazioni e dibattiti in tv su Sky, il presidente della Lega Calcio di serie A, Maurizio Beretta, ed il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, Damiano Tommasi, non hanno trovato l’accordo per la firma del contratto collettivo ed il campionato di serie A non è partito. La prima giornata è stata rinviata per effetto dello sciopero dei calciatori, nonostante il tentativo dell’ultimo secondo di un accordo ponte fino al 2012. Un bel danno dei tantissimi tifosi appassionati (o malati) di calcio del nostro paese.

Questa decisione ha generato ovviamente le reazioni indignate di tutti, soprattutto del popolo dei tifosi, che ritiene che il mondo del pallone sia troppo ricco per avere diritto allo sciopero o al blocco dei campionati. Sui calciatori è arrivato il dito puntato un po’ di tutti, forse anche eccessivamente. Le parti che non hanno trovato l’accordo sono due e le responsabilità vanno divise, così come va richiesto ad entrambe le parti il buon senso per non far saltare anche la seconda giornata del campionato di calcio di serie A in programma il 10 e 11 settembre 2011.

In questo approfondimento analizziamo la questione dal punto di vista contrattuale, andando ad approfondire i punti del dibattito, soprattutto i punti sui quali c’è il mancato accordo. Ha generato lo sciopero dei calciatori, in questo caso intesi come lavoratori, la mancata stipula del contratto collettivo di categoria con i propri datori di lavoro, le società di calcio di serie A, la Lega Calcio. Vediamo tutti i punti.

Le proposte della Lega Calcio e le risposte dell’Aic

Le proposte della Lega Calcio di serie A sono otto. E va detto subito che non ci sono motivazioni economiche alla base del mancato accordo. I calciatori sottolineano questo soprattutto: non è una questione di soldi, ma di diritti rivendicati. Sulla base di quanto dichiarato dalle parti, da Berretta e Tommasi, l’accordo tra l’Associazione italiana calciatori e la Lega Calcio è stato più o meno raggiunto su sei degli otto punti. Vediamo quali sono questi punti dove è meno forte lo scontro e sui quali c’è l’accordo per la stipula del contratto collettivo.

Il contratto flessibile. Le società di calcio vogliono che gli stipendi dei calciatori siano fortemente legati ai risultati raggiunti nel corso della stagione calcistica, con una flessibilità vicina al 100%. Ed in caso di retrocessione in serie B, l’introduzione dell’automatica riduzione degli stipendi. L’Associazione italiana calciatori vuole che la flessibilità sia al massimo per il 50%.

Esclusività. Le società di serie A vogliono che il calciatore sotto contratto svolga esclusivamente l’attività di giocatore di calcio, senza poter svolgere un’altra attività professionale durante il tempo libero. L’Aic invece rivendica la libertà dei calciatori di poter gestire liberamente il proprio tempo libero, anche svolgendo un’altra professione.

Il comportamento professionale. Per le società di calcio il calciatore deve avere un comportamento professionale impeccabile, seguire codici ferrei di condotta e di etica anche fuori dal campo, cioè fuori dall’orario di gioco o di allenamento. Anche in questo caso l’Associazione Italiana Calciatori rivendica il diritto dei calciatori di far quel che vogliono durante il tempo libero.

Le cure, le terapie, gli infortuni. Le società vogliono l’esclusiva gestione delle cure, delle terapie necessarie al recupero dagli infortuni subiti dai calciatori. In pratica, la possibilità di far curare i calciatori infortunati da specialisti di fiducia del club. I calciatori invece rivendicano il diritto a farsi curare da chi vogliono, con libertà di scelta. A pagare le cure saranno sempre il club di calcio.

Le sanzioni. La Lega Calcio di serie A chiede che le sanzioni siano pagate dal club in modo automatico, mentre l’Associazione Italiana Calciatori vuole che restino decise dal collegio arbitrale.

Gli arbitri ed il presidente del collegio. La Lega calcio vuole riformare il collegio arbitrale con nomina di un presidente esterno al calcio. I calciatori insistono per non toccare il collegio arbitrale, con il presidente sorteggiato all’interno tra quelli designati dalle stesse parti.

Allenamenti a parte e trasferimenti,  i motivi dello sciopero

Ci sono due punti sui quali salta da un po’ di mesi l’accordo collettivo tra Lega Calcio ed Associazione Italiana Calciatori. Si tratta dei due punti che riguardano la gestione della rosa dei calciatori per una squadra di serie A e dei calciatori in esubero. Vediamo quali sono i punti e quali sono i motivi del mancato accordo.

La preparazione ed il gruppo dei fuori rosa. Le società di calcio rivendicano il diritto dell’allenatore della squadra di decidere di far allenare in più gruppi i calciatori in rosa. Questo vuol dire che ci sarebbe il gruppo della rosa ed il gruppo, o i gruppi, dei fuori rosa, che si allenano a parte rispetto alla rosa dei “titolari”. L’Associazione Italiana Calciatori richiede che il gruppo dei calciatori sia unico ed i calciatori sotto contratto allenati tutti insieme.

Il rifiuto del trasferimento ad un’altra squadra. La Lega Calcio vuole introdurre la regola per la quale un giocatore non può rifiutare un trasferimento ad un club di stessa qualità e con i soldi del contratto garantiti. E se il calciatore rifiuta l’accordo fatto tra le due società equivalenti e vuole avere la libertà di firmare per la società che lui vuole, l’accordo per la risoluzione del contratto con la propria società comporterà un pagamento del 50% dello stipendio. L’Aic non vuole l’introduzione di questo punto.

Questi due punti sono i motivi dello sciopero. Queste due proposte nascono dall’esigenza da parte delle società di calcio di gestire le rose sempre più ampie con allenamenti differenziati ed anche con allenamenti separati tra i calciatori graditi al tecnico nella sua gestione tecnica della squadra, ed i giocatori che non rientrano più nei piani del tecnico e della società. I calciatori dall’altro lato rivendicano il diritto del singolo calciatore alla parità di trattamento rispetto agli altri calciatori, ai compagni di squadra. I giocatori sottolineano che le società hanno firmato liberamente un contratto per ingaggiarli, un contratto frutto di una trattativa, un contratto che va rispettato fino alla conclusione. In pratica, secondo i calciatori tale condotta da parte delle società molte volte nasconde dei casi di mobbing.

Contributo di solidarietà: il nuovo punto della discordia

A gettar ulteriore vento sul fuoco del disaccordo tra Lega Calcio ed Aic, è arrivato il contributo di solidarietà voluto dalla Manovra bis del Governo. In pratica, chi ha un reddito superiore a 90.000 euro, dovrà pagare il 5% per il reddito tra 90.000 euro e 150.000 euro ed il 10% per il reddito superiore, fatta salva l’applicazione della clausola di salvaguardia. In pratica, la maggior parte dei calciatori devono al Fisco il contributo di solidarietà. E lo scontro tra le società ed i giocatori è su chi dovrà pagare.

Le società di calcio sono irremovibili nel pretendere che siano i calciatori a pagare il contributo di solidarietà aldilà del contratto stipulato, come tutti i contribuenti con alti livelli di reddito. I calciatori sottolineano che molti contratti, soprattutto quelli dei grandi campioni, sono stipulati al netto in busta, quindi va garantito loro il netto stabilito nel contratto ed in questo caso il contributo di solidarietà è dovuto dalle società di calcio.

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