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Versamenti Irpef errati ed inferiori: le soluzioni dell’Agenzia delle Entrate

I versamenti dell’Irpef, Ires o Irap a seguito di presentazione del modello 730 o Unico, effettuati in maniera insufficiente, anche nel calcolo di interessi e sanzioni col ravvedimento operoso, possono essere sanati. Vediamo le modalità di pagamento previste dall’Agenzia delle Entrate e le soluzioni anche nel caso di accertamento.
A cura di Antonio Barbato
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versamento irpef importo inferiore in f24

L’Agenzia delle Entrata ha pubblicato un’importante circolare che tratta i versamenti d’imposta effettuati in misura inferiore al dovuto, a seguito di dichiarazione dei redditi. Nonché il rapporto tra il ravvedimento operoso, strumento concesso al contribuente per sanare tali posizioni, con tali versamenti carenti negli importi versati. Chiariti anche i casi di versamenti inferiori delle imposte dovute nella fase successiva, ossia a seguito di accertamento già avvenuto da parte dell’Amministrazione finanziari.

Con la circolare n.  27/E del 2 agosto 2013, l’Agenzia delle Entrate tratta gli “Errati versamenti da parte dei contribuenti. Problematiche applicative e soluzioni interpretative”. Le soluzioni riguardano i casi in cui ci sono dei versamenti dovuti a titolo di saldo e di primo acconto IRPEF, IRES e IRAP, con particolare riferimento a quanto disposto dall’art. 17, comma 2, del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, secondo cui tali versamenti “…possono essere effettuati entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo”. Quindi nel termine lungo. Ed i casi in cui tale versamento avviene oltre i 30 giorni, quindi con il ravvedimento, ma eseguito in maniera errata.

Altri chiarimenti si riferiscono alle conseguenze di errori marginali commessi dai contribuenti nel versamento delle somme dovute per la definizione degli avvisi d’accertamento. Ma vediamo in premessa quali sono i termini per i versamenti delle imposte a titolo di Irpef, Ires e Irap a seguito di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il versamento delle imposte entro il 16 giugno.  Secondo quanto disposto dall’art. 17, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 435 del 2001, il versamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei redditi e del primo acconto IRPEF, IRES e IRAP deve essere effettuato entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta ossia, per le società con l’esercizio coincidente con l’anno solare e per le persone fisiche, entro il 16 giugno.

Il termine lungo: Il versamento con maggiorazione entro 30 giorni. Il comma 2 del medesimo articolo dà la possibilità di effettuare detti versamenti entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti, con una maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo pari allo 0,40 per cento delle somme da versare. Quindi normalmente entro il 16 luglio.

La rateizzazione delle imposte. Ai sensi dell’articolo 20 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, i predetti versamenti possono essere effettuati, previa opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione periodica, in rate mensili di uguale importo, ad eccezione dell’acconto di novembre che deve essere versato in un’unica soluzione. Anche per l’ipotesi di versamento rateale, è riconosciuta la possibilità di iniziare il versamento del piano di rateazione nei trenta giorni successivi, maggiorando l’importo dovuto dello 0,40 per cento a titolo d’interesse corrispettivo (oltre all’applicazione degli interessi “da rateazione”, nella misura del 4 per cento annuo).

I medesimi termini si applicano anche al versamento del saldo IVA risultante dalla dichiarazione unificata annuale, che, ai sensi dell’art 6 del D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542, può essere versato successivamente al “16 marzo di ciascun anno, ovvero entro il termine previsto per il pagamento delle somme dovute in base alla dichiarazione unificata annuale, maggiorando le somme da versare degli interessi nella misura dello 0,40 per cento per ogni mese o frazione di mese successivo alla predetta data”.

Insufficiente versamento dell’imposta e della maggiorazione nel “termine lungo”

La circolare n. 27/E del 2 agosto 2013 fornisce i chiarimenti in caso di insufficiente versamento delle imposte, della maggiorazione, nei 30 giorni successivi alla scadenza (ossia entro il 16 luglio). L’Agenzia delle Entrate ha già chiarito nella circolare n. 192/E del 1998 che in merito all’omesso o insufficiente pagamento, alle prescritte scadenze, delle imposte dovute a titolo di acconto o di saldo in base alla dichiarazione, il legislatore ha previsto due distinti termini per il versamento: per i soggetti con periodo coincidente con l’anno solare, il primo è il 16 giugno, l’altro nei successivi trenta giorni.

Il versamento effettuato nel più ampio termine risulta tempestivo, con la particolarità che l’adempimento dell’obbligazione tributaria avviene mediante il pagamento dell’imposta incrementata di un importo, pari allo 0,40%, che si configura come parte del tributo medesimo.

Al riguardo, nel parere dell’Avvocatura generale dello Stato del 2 luglio 2012, n. 263000, è stato chiarito che “ (…)  il versamento entro 30 giorni dalla scadenza dell’importo dovuto senza la maggiorazione dello 0,40% è assimilabile all’omesso versamento parziale e non già al ritardato pagamento, e che di conseguenza la sanzione del terzo deve essere rapportata alla frazione dell’importo non versato, come disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 per l’ipotesi di versamento parziale tempestivo (…)”.

Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, infatti, “ nel dubbio, deve privilegiarsi un’interpretazione della norma conforme ai principi di proporzionalità, ragionevolezza e certezza del diritto".

Quindi gli interessi sul versamento effettuato nel “termine lungo” rappresentano il “corrispettivo” per il vantaggio che il contribuente trae dalla disponibilità di una somma di denaro spettante all’ente creditore. Del resto, la maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo, nella misura dello 0,40 per cento, viene versata congiuntamente all’imposta dovuta, aggiungendosi a questa, senza distinzione di codice tributo.

Ne consegue che, se è dovuta una imposta maggiore rispetto a quella calcolata e versata nel “termine lungo”, detto versamento non è da considerarsi tardivo tout court ma semplicemente insufficiente.

La sanzione del 30% è calcolata solo sulla differenza non versata. La sanzione, in misura ordinaria, pari al trenta per cento dell’importo non versato, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471, deve quindi essere calcolata sulla differenza tra quanto versato nel “termine lungo” e quanto dovuto (imposta più maggiorazione).

Non assume rilevanza stabilire se il contribuente abbia versato la sola imposta e non abbia versato la maggiorazione, o se abbia eseguito un versamento proporzionalmente insufficiente, proprio perché, non potendosi distinguere i due importi (versati con lo stesso codice tributo), il versamento si intende nel suo complesso insufficiente.

La circolare fornisce il seguente esempio: Si ipotizzi che il contribuente, nel termine lungo, abbia erroneamente versato a titolo di saldo IRES 2011 l’importo di € 100 – in luogo di € 400 effettivamente dovuti – unitamente alla maggiorazione dello 0,40 per un totale di € 100,4 (anziché € 401,6).

L’ufficio provvederà all’irrogazione della sanzione nella misura ordinaria del 30 per cento sull’importo di € 301,2, ossia sulla sola differenza tra quanto dovuto (imposta più maggiorazione), pari ad € 401,6, e quanto versato nel termine lungo, ossia € 100,4. In tale sede, si provvederà, altresì, al recupero della differenza d’imposta dovuta, di € 301,2, e degli interessi calcolati a far data dalla scadenza del termine lungo.

La regolarizzazione spontanea con il ravvedimento operoso

Nelle ipotesi in cui vi è stato un parziale versamento delle imposte entro i 30 giorni dalla scadenza, con o senza maggiorazione, il contribuente può comunque decidere di regolarizzare l’errore commesso mediante l’applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso. La regolarizzazione spontanea può essere effettuata ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 472 del 1997, eseguendo il pagamento nel termine di trenta giorni dalla scadenza del “termine lungo” (quindi entro il 16 agosto, se la scadenza originaria era il 16 giugno ed il termine lungo entro il 16 luglio):

  • di quanto dovuto a titolo di tributo, comprensivo della maggiorazione dello 0,40 per cento;
  • dei relativi interessi moratori calcolati al tasso legale maturati dalla scadenza del termine lungo al giorno di effettuazione del pagamento;
  • della sanzione ridotta pari al 3 per cento dell’importo versato in ritardo (tributo e maggiorazione dello 0,40 per cento).

Ravvedimento operoso lungo. In alternativa, la regolarizzazione può avvenire ai sensi del comma 1, lettera b) del citato art. 13, eseguendo il pagamento entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione:

  • di quanto dovuto a titolo di tributo, comprensivo della maggiorazione dello 0,40 per cento;
  • dei relativi interessi moratori calcolati al tasso legale maturati dalla scadenza del termine lungo al giorno di effettuazione del pagamento;
  • della sanzione ridotta pari al 3,75 per cento dell’importo versato in ritardo (tributo e maggiorazione dello 0,40 per cento). 

Riprendendo la situazione descritta nell’esempio precedente, la regolarizzazione dell’errore commesso può avvenire, ferma restando l’assenza di contestazioni da parte dell’ufficio, al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione per l’anno d’imposta 2012, mediante il versamento della differenza d’imposta (ossia del residuo tributo dovuto comprensivo della maggiorazione dello 0,40) pari ad € 301,2, degli interessi, calcolati a far data dalla scadenza del termine lungo, e delle sanzioni ridotte. 

Versamenti d’imposta carenti ed efficacia del ravvedimento operoso 

Può capitare che vi sia una erronea determinazione dell’importo necessario per sanare l’irregolarità commessa e, quindi, degli interessi moratori e della relativa sanzione. Si tratta dei casi in cui vi sia stato un ravvedimento operoso calcolato in misura sbagliata oppure calcolato bene, ma versato male con il modello F24.

La circolare n. 27/E del 2 agosto 2013 chiarisce che, “in virtù di quanto chiarito con la risoluzione n. 67/E del 23 giugno 2011, il ravvedimento di quanto originariamente e complessivamente dovuto si ritiene possa considerarsi perfezionato anche solo parzialmente, cioè limitatamente all’importo versato entro la scadenza del termine per il ravvedimento”.

In merito all’individuazione del dies a quo dal quale far decorrere i termini per il ravvedimento, con riferimento al versamento del saldo e del primo acconto dovuti in base alle dichiarazioni, va da sé che andrà considerato il termine entro cui si è scelto di eseguire l’originario versamento da correggere (16 giugno o 16 luglio).

Laddove il contribuente non abbia versato alcun importo, né entro il 16 giugno né entro il 16 luglio, il termine cui fare riferimento per il calcolo delle somme dovute, sia in sede di ravvedimento (parziale o meno) che di recupero da parte degli uffici, è la data naturale di scadenza, ossia il 16 giugno.

Una volta scaduti i termini per il ravvedimento, l’eventuale somma che residua (maggiore imposta dovuta incrementata o meno della percentuale dello 0,40) non potrà beneficiare della riduzione delle sanzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in tema di ravvedimento: le sanzioni, pertanto, saranno irrogate dagli uffici, su tale somma residua, nella misura ordinaria, insieme agli interessi per il tardivo versamento, con decorrenza dalla scadenza del termine di versamento “scelto” dal contribuente (16 giugno o 16 luglio).

Riprendendo l’esempio in cui il contribuente ha versato un importo inferiore al residuo dovuto di € 301,2, nel caso in cui ci sia un ravvedimento, entro il termine prescritto, con versamento di 201,2 euro (quindi di 100 euro inferiore), con sanzioni e interessi commisurati all’imposta versata, il ravvedimento si intenderà perfezionato limitatamente a tale importo.

La differenza dovuta e non regolarizzata di € 100 sarà oggetto di recupero da parte degli uffici, unitamente agli interessi (calcolati con decorrenza dal 16 luglio), e sulla stessa andrà irrogata la sanzione nella misura ordinaria del 30%.

Versamento inferiore delle imposte più errata commisurazione di interessi e sanzioni. Un caso più complesso da prendere in considerazione concerne l’ipotesi in cui il contribuente, in sede di ravvedimento, effettui un versamento complessivo di imposta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli interessi non siano, come nel caso precedente, commisurati all’imposta versata a titolo di ravvedimento.

In questo caso, la circolare n. 27/E del 2 agosto 2013 stabilisce che il ravvedimento potrà ritenersi perfezionato con riferimento alla quota parte dell’imposta, comprensiva o meno della maggiorazione a seconda della data dell’originario versamento, proporzionata al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo.

La circostanza che nel modello F24 occorra indicare separatamente imposta, interessi e sanzioni non fa venir meno l’unitarietà dell’istituto ma, al fine di avere evidenza dell’intenzione del contribuente di avvalersi dei benefici del ravvedimento operoso, è necessario che, in sede di predisposizione del modello di versamento, lo stesso abbia quantomeno provveduto ad imputare parte di quel versamento all’assolvimento delle sanzioni, indicando l’apposito codice tributo.

Sulla differenza non sanata andranno irrogate, ad opera degli uffici competenti, le sanzioni in misura ordinaria e/o recuperati gli interessi non versati, da computare, anche in tal caso, con decorrenza dalla data dell’originario versamento (16 giugno o 16 luglio).

Versamenti inferiori degli importi dovuti a seguito di accertamento

La circolare stabilisce anche l’ipotesi di versamenti eseguiti dal contribuente per un ammontare inferiore a quello richiesto dall’Amministrazione Finanziaria in caso di accertamento. Più precisamente, il caso di versamento insufficiente nel caso di applicazione dell’istituto dell’acquiescenza all’avviso di accertamento, con relativa riduzione della sanzione ad un quarto di quella prevista.

La soluzione prospettata dalla circolare è quella di evitare l’iscrizione a ruolo (o affidamento all’Agente di riscossione) delle somme se “la differenza tra quanto dovuto e quanto pagato sia di entità lieve, tale da non configurare un atteggiamento incompatibile con la volontà di definizione dell’accertamento”. In questi casi, il perfezionamento della definizione sarà, naturalmente, subordinato all’integrazione del dovuto da parte del contribuente. Per maggiori informazioni vediamo il versamento inferiore delle imposte in caso di accertamento.

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