Jobs Act, ecco le novità: addio ai contratti a progetto, ecco le tutele crescenti
Con il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio, il Governo Renzi ha approvato definitivamente due Decreti attuativi del Jobs Act in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e nuovi ammortizzatori sociali (arrivano le nuove indennità Naspi, Dis-Coll, AsDi). Sono stati inoltre approvati dei Decreti Legislativi riguardanti le tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni.
Cancellati i contratti a progetto, l’associazione in partecipazione e il contratto di lavoro ripartito Job sharing. Approvate ulteriori misure riguardanti gli altri contratti di lavoro.
Importanti quindi le novità che riguardano una vasta platea di lavoratori, quella dei lavoratori parasubordinati attualmente collaboratori con contratto a progetto, e che nel prossimo futuro potrebbero ritrovarsi a stipulare un contratto a tempo indeterminato con le aziende. Oppure, nel peggiore dei casi, perdere il posto di lavoro per mancato “rinnovo” del contratto e dell’attività lavorativa con la propria azienda.
Vediamo tutte le misure comunicate dal Governo in materia di contratti di lavoro, tutele contro il licenziamento e flessibilità delle mansioni.
Superati i contratti a progetto
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un decreto legislativo che contiene il “Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni”.
Ecco i punti essenziali per il riordino delle tipologie contrattuali.
Il Governo in materia di contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.) effettua una scelta importante. Infatti a partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza).
Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016 ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Quindi le norme relative al contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.
Oltre alla cancellazione delle collaborazioni con contratto a progetto, vengono superati, quindi cancellati, inoltre i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il contratto di lavoro ripartito o job sharing.
Contratto a tutele crescenti
Il Consiglio dei Ministri, inoltre, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato, oltre al Decreto riguardo i contratti di lavoro a progetto, ecc., anche e soprattutto un decreto legislativo che contiene disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge n. 183 del 2014.
Il contratto a tutele crescenti si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto (probabilmente il 1 marzo), per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).
Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”.
Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all'anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.
Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.
Licenziamenti collettivi. Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).
In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.
Piccole imprese. Per le imprese con meno di 15 dipendenti la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.
Sindacati e partiti politici. La nuova disciplina sul contratto a tutele crescenti si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.
Le modifiche agli altri contratti di lavoro e alle mansioni
Nel “Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni”, con il quale sono stati cancellati i contratti a progetto, di associazione in partecipazione e di lavoro ripartito (job sharing), sono state effettuate anche alcune modifiche ad alcuni dei restanti contratti di lavoro. Ed inoltre viene lanciata una maggiore flessibilità in materia di mansioni dei lavoratori. Vediamo le novità.
Contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali.
Contratto di somministrazione. Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (10%).
Contratto a chiamata. Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto.
Lavoro accessorio (voucher). Verrà elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità con tecnologia sms come per il lavoro a chiamata.
Apprendistato. Si punta a semplificare l’apprendistato di primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e di terzo livello (alta formazione e ricerca) riducendone anche i costi per le imprese che vi fanno ricorso, nell’ottica di favorirne l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro.
Part-time. Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto).
Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.
Mansioni. In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro).
Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta” (ossia in sede sindacale o presso la DTL), tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita.
Consulente del lavoro in Napoli. Esperto di diritto del lavoro e previdenza, di buste paga e vertenze di lavoro. Ama districarsi nell’area fiscale. E risolvere problemi dei lavoratori, delle imprese e dei contribuenti. Email: abarbato@fanpage.it.