Dal 25 giugno 2015 non sarà più possibile stipulare contratti a progetto. Entra in vigore in tale data il Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 24 giugno.
Il Decreto, contenente la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” contiene all’art. 52 una specifica norma che disciplina il “Superamento dei contratti a progetto”:
Le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003 sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto. Resta salvo quanto disposto dall'articolo 409 del codice di procedura civile (controversie individuali di lavoro).
Dalla data del 25 giugno, pertanto, non sarà possibile più stipulare nuovi contratti di lavoro a progetto. Restano in vigore, fino alla loro scadenza, i contratti già in corso.
Cosa ci riserva il futuro?
A questo punto la vasta platea dei lavoratori con contratto a progetto si chiederà quale sarà il loro futuro contrattuale. Dall’altro lato, le aziende si chiedono come inquadrare i collaboratori.
Il Decreto non si limita a “superare” il contratto a progetto con l’art. 52, ma contiene anche due normative che intervengono drasticamente sulle collaborazioni a partire dal 1 gennaio 2016.
Da un lato viene introdotto l’articolo 2 che stabilisce esplicitamente quali collaborazioni sono da ritenersi viziate e quindi da ricondurre al lavoro subordinato (applicazione del CCNL) e dall’altro lato, con l’articolo 54 prevede, sempre dal 2016, un meccanismo di sanatoria delle posizioni dei lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative o a progetto oppure prestazioni rese da titolari di partita IVA.
L’articolo 2, il primo in vigore dal 2016, è il seguente:
Collaborazioni organizzate dal committente
1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento:
a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali e' necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
3. Le parti possono richiedere alle commissioni di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
4. Fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1° gennaio 2017 e' comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1.
Pertanto le aziende che hanno contratti a progetto o collaborazioni coordinate e continuative viziate da elementi di subordinazione possono vedersi condannate all’applicazione della disciplina del lavoro subordinato (quindi pagamento tredicesima, TFR, ferie e permessi, ecc.)
Ciò potrebbe avvenire, a seguito di accesso ispettivo, quando il lavoratore con contratto a progetto esegue concretizzano in prestazioni “esclusivamente personali”, “continuative” e “organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.
In realtà, i parametri della subordinazione della valutazione della genuinità delle collaborazioni non sono cambiati, quindi sarà comunque possibile stipulare le co.co.co. quando presentano i requisiti di autonomia della prestazione, la prevalenza della personalità della prestazione, il non assoggettamento al potere gerarchico, direzionale dell’imprenditore committente.
Ovviamente i casi di collaborazioni che rientrano nei requisiti di cui all’art. 2094 del codice civile (È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore) saranno ricondotte al lavoro subordinato.
Andiamo avanti. L’art. 54, il secondo in vigore dal 2016, è il seguente:
Stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partita IVA
1. Al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nonché di garantire il corretto utilizzo dei contratti di lavoro autonomo, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i datori di lavoro privati che procedano alla assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di soggetti titolari di partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo, godono degli effetti di cui al comma 2 a condizione che:
a) i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, o avanti alle commissioni di certificazione;
b) nei dodici mesi successivi alle assunzioni di cui al comma 2, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.
2. L'assunzione a tempo indeterminato alle condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), comporta l‘estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione.
Con l'intento di espandere le tutele del lavoro subordinato, il decreto legislativo prevede, con effetto dal 1° gennaio 2016, un meccanismo di stabilizzazione dei collaboratori e dei lavoratori autonomi che hanno prestato attività lavorativa a favore dell'impresa. Rientra nel quadro della promozione del lavoro subordinato e del contrasto all’elusione anche l'abrogazione delle disposizioni sul lavoro a progetto e dell'associazione in partecipazione con apporto di lavoro dell’associato persona fisica.
In conclusione, c’è da prendere atto che i contratti a progetto sono abrogati. Quindi i co.co.pro. non possono più stipularsi. Ma la norma, se da un lato sembra una restrizione, dall’altro lato è una liberalizzazione del lavoro autonomo, dato che il contratto a progetto è stato introdotto dalla Legge Biagi proprio per limitare l’abuso del lavoro autonomo in condizioni di subordinazione.
I datori di lavoro possono comunque stipulare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ossia i co.co.co, con i lavoratori. Dal 2016 però, con l’introduzione dell’art. 2 di cui sopra, vengono sottolineati i parametri di subordinazione nella valutazione delle “collaborazioni organizzate dal committente”. Le co.co.co. o i co.co.pro. residui non genuini saranno ricondotti al lavoro subordinato in presenza dei parametri. Ma tali parametri sono quelli storicamente in vigore per valutare gli indici di subordinazione in un rapporto di lavoro.
Ai datori di lavoro la scelta. Il Governo ha creato le condizioni per trasformare in rapporti di lavoro a tempo indeterminato (anche apprendistato) le collaborazioni in azienda.
Coloro che stabilizzano i lavoratori entro il 31 dicembre 2015 potranno godere dell’esonero contributivo triennale fino a 8.060 euro annui. Trattasi di un forte sconto sui contributi da versare che porta il costo aziendale di un lavoratore inquadrato a tempo indeterminato (con tanto di tredicesima, eventuale quattordicesima, ferie, permessi e TFR maturando) molto vicino al costo di una collaborazione (cococo o cocopro). In sostanza, riducendo il costo del contratto a tempo indeterminato da un lato e cancellando i contratti a progetto e/o valutando dal 2016 come subordinate molte delle collaborazioni, il Governo intende spingere le imprese ad assumere con contratti stabili a tempo indeterminato. Ovviamente è possibile scegliere anche per un contratto a tempo determinato, ma senza alcun sconto sui contributi e sul costo del lavoro.
Coloro che stabilizzano i lavoratori dopo il 1 gennaio 2016, potranno farlo con una sanatoria che è un accordo "tombale" sulle pretese creditorie dei lavoratori, ma anche degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali. Si chiude col passato senza grandi esborsi finanziari per l'azienda. E si riparte con un contratto a tempo indeterminato (senza esonero contributivo fino a 8.060 euro però).
Per le aziende che proprio non intendono fare contratti a tempo indeterminato ai collaboratori ora in forza aziendale, c’è da dire che dall’altro lato, nei casi in cui non ci sono gli indici di subordinazione (potere gerarchico e di controllo del datore di lavoro ad esempio), l’abrogazione dei contratti a progetto non impedisce la stipula di collaborazioni. Anzi, in un certo senso, c’è una liberalizzazione verso i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.