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Il nuovo regime dei minimi: con l’imposta al 15% non conviene più

Il nuovo regime dei minimi con l’innalzamento dell’imposta sostitutiva al 15% rispetto al 5%, per 10 anni e con soglie di reddito fino a 55.000 euro, non conviene più ai contribuenti minimi, ossia coloro che hanno ricavi inferiori a 30.000 euro annui. La triplicazione dell’imposta rende più conveniente aderire al regime ordinario IVA e Irpef. Vediamo perché con un esempio pratico.
A cura di Antonio Barbato
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regime dei minimi non conviene più

Il Governo con la delega Fiscale ha intenzione di variare in maniera sostanziale “il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità” innalzando l’imposta sostitutiva. Il nuovo regime dei minimi sarà con un’imposta del 15% rispetto all’attuale imposta sostitutiva del 5%. Quindi tassazione triplicata per i contribuenti minimi. L’intenzione del Governo è anche quella di alzare la soglia ricavi o compensi percepiti da 30.000 euro fino a 55.000 euro per alcune attività. E soprattutto allungare l’applicazione del regime dei minimi a 10 anni di attività, invece degli attuali 5 anni (o fino a 35 anni di età).

Vediamo ora di affrontare i cambiamenti, cercando di capire a chi conviene questo nuovo regime dei minimi. L’analisi di convenienza dimostra che tale regime non conviene più a chi ha ricavi fino a 30.000 euro, ossia coloro che storicamente erano i contribuenti minimi.

Prima di tutto, è evidente, c’è una triplicazione dell’imposta sostitutiva dell’Irpef che passa dal 5% al 15%, quindi sicuramente il nuovo regime dei minimi conviene meno rispetto all’attuale versione in vigore.

Ma le variazioni al regime dei minimi, teoricamente, secondo le evidenti intenzioni del Governo, aprono le porte del regime dei minimi fino al decimo anno di attività, e non più fino al quinto anno d’imposta. La variazione interessa coloro che superano nei 5 anni di attività i 35 anni di età. Chi invece non supera i 35 anni di età poteva già andare oltre il quinto anno d’imposta nell’applicazione del regime dei minimi.

Le variazioni consentiranno altresì di restare nel regime dei minimi pure se si superano i 30.000 euro di ricavi o compensi nell’anno solare. Ma resta da vedere nella versione definitiva chi può restare nel regime dei minimi pur avendo superato i 30.000 euro di ricavi. La bozza prevede soglie di ricavi variabili tra 25 mila euro e 55 mila euro in base al tipo di attività svolta. Quindi non si conosce attualmente per quali attività la soglia sale oltre i 30 mila euro. Per tutti restano gli altri vantaggi del regime dei minimi come l’esenzione dall’Irap, dal versamento dell’IVA e l’esclusione dagli studi di settore. Affronteremo in seguito una panoramica su tutte le informazioni sul regime dei minimi.

Il nuovo regime dei minimi non conviene più

Abbiamo già visto che probabilmente questa nuova versione del regime dei minimi con ricavi fino a 55 mila euro, con applicabilità per 10 anni, e con un’imposta sostitutiva del 15%, invece del 5%, aprirà le porte del regime agevolato ad alcuni contribuenti, ed ad altri consentirà di fruirne per più di 5 anni.

Resta da capire se nel nuovo regime dei minimi possono rientrare gli ex minimi, ossia coloro che sono fuoriusciti dal regime per superamento dei 35 anni o per superamento dei 30.000 euro di ricavi o compensi annui. L’estensione regime fino ai 10 anni di attività potrebbe far rientrare coloro che hanno appunto una propria attività da meno di 10 anni e non superano i 55 mila euro di ricavi o compensi annui.

Il regime dei minimi per 700 mila lavoratori autonomi o professionisti con meno di 30 mila euro. Ma il vero dato significativo è quello relativo ai contribuenti che beneficiano già del regime dei minimi. I dati statistici parlano di 700 mila partite IVA con regime dei minimi. Quindi si tratta di professionisti, titolari di impresa, esercenti di arti e professioni, che hanno ricavi inferiori a 30 mila euro e che hanno optato per tale regime per pagare meno imposte.

Si tratta di un regime fiscale, quello che ti fa pagare un’imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 5% (anziché il 23% come minimo), che ha permesso a molti giovani di avviare un’attività di lavoro autonomo, beneficiando di un minor carico fiscale.

E’ quindi su coloro che hanno ricavi intorno ai 20.000 – 25.000 euro annui che bisogna verificare la convenienza. Entriamo nel dettaglio.

Il regime dei minimi consente di pagare un’imposta sostitutiva ma sul reddito (quindi ricavi meno costi) e non sui ricavi. Il limite di 30.000 euro di ricavi è infatti solo per il diritto a restare tra i contribuenti minimi. Mentre l’applicazione dell’imposta sostitutiva avviene sul reddito di lavoro autonomo o impresa, quindi ai ricavi bisogna sottrarre i costi. Ne consegue che chi ricavi per 20-25 mila euro, avendo dei costi, avrà un reddito inferiore sul quale si calcola il 5% attualmente. E sul quale si calcolerà il 15% con l’introduzione del nuovo regime dei minimi.

Poniamo il caso di un giovane professionista o lavoratore autonomo o titolare di impresa individuale che su base annua ha 25.000 euro di ricavi e 12.000 euro di costi. In questo caso finora ha pagato l’imposta sostitutiva del 5% calcolata su 13.000 euro di reddito, quindi 650 euro annui. Con la nuova imposta sostitutiva del 15%, la cifra pagata su 15.000 euro di reddito annuo sale a 1.950 euro.

Non vi è dubbio che il nuovo regime dei minimi non conviene a chi ha ricavi fino a 30.000 euro.

Preso atto dell’innalzamento al 15% dell’imposta sostitutiva, quindi una triplicazione dell’importo dovuto, resta da capire se il nuovo regime dei minimi al 15% conviene rispetto all’ordinario regime fiscale Irpef e IVA. Quindi se a chi ha ricavi fino a 30.000 euro, tenuto conto della triplicazione dell’imposta, conviene applicare il regime ordinario Irpef e IVA, oppure comunque è meglio restare nei minimi pur pagando di più rispetto al passato.

Il contribuente aderendo al regime dei minimi pagherà un’imposta sostitutiva del 15% al posto dell’Irpef che è al 23% fino a 15.000 euro di reddito e al 27% fino a 28.000 euro, sempre di reddito. Il contribuente con 13.000 euro di reddito pagherebbe il 23% quindi 2.990 euro di imposta Irpef lorda.

Ma il TUIR prevede una detrazione d’imposta per redditi da lavoro autonomo pari a 1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro e pari a “1.104 euro, se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 50.200 euro”. Facendo due conti la detrazione è di 924 euro circa.

Quindi il contribuente minimo che ha 25.000 euro di ricavi, e 12.000 euro di costi, quindi un reddito di 13.000 euro, pagherà un’Irpef lorda di 2.990 euro meno 924 euro, ossia 2.066 euro. A questo bisognerà aggiungere le addizionali comunali e regionali.

Quindi teoricamente, il contribuente con il regime dei minimi paga 1.950 euro di nuova imposta sostitutiva al 15% (con l’imposta sostitutiva al 5% ne pagava 650), mentre con la normale tassazione Irpef pagherebbe 2.066 euro più addizionali. Ma a rendere non conveniente probabilmente il nuovo regime dei minimi per chi ha ricavi fino a 30.000 euro potrebbe essere l’indeducibilità dell’IVA sugli acquisti.

Il contribuente di cui sopra infatti aderendo al regime dei minimi non può detrarre l’IVA, ossia l’IVA pagata sugli acquisti diventa un costo. Nel regime IVA ordinario, ossia se il contribuente opta per Irpef e IVA ordinaria, l’IVA è invece detraibile. Ponendo il caso che il contribuente dei 12.000 euro di costi sostenuti, abbia sostenuto costi imponibili ai fini IVA per 5.000 euro, egli ha pagato IVA sugli acquisti pari al 22% di 5.000 euro, ossia 1.100 euro. Quindi l’effettivo esborso della tassazione ordinaria, tenuto conto di un recupero dell’IVA, passerebbe a 2.066 più addizionali, più il 23% di 1.100 euro (in quanto il reddito imponibile Irpef sale di tale cifra non essendo più l'IVA un costo per il contribuente), ma sottraendo 1.100 euro di IVA a credito. La tassazione diventerebbe di 1.219 euro più addizionali.

Il contribuente anche sui ricavi dovrà applicare l'IVA addebitando il costo al cliente, per poi versare l'IVA a debito. Ma nelle operazioni contabili ai fini IVA recupera l’IVA a credito, essendo l’IVA a debito a carico dei suoi clienti.

Riepilogando: per lo stesso contribuente il regime dei minimi con imposta sostitutiva al 5% comporterebbe attualmente imposte per un totale di 650 euro. Il nuovo regime dei minimi comporterà imposte per un totale di 1.950 euro. Il regime ordinario IVA e Irpef, se il contribuente ha spese sostenute con il versamento di IVA sugli acquisti, comporta il pagamento di imposte pari a 1.219 euro più addizionali. E' evidente che nella maggior parte dei casi, il nuovo regime dei minimi non conviene più ai contribuenti minimi (chi ha ricavi per 30.000 euro), appunto.

La nuova versione del regime dei minimi al 15% converrà solo a coloro che, per effetto delle aliquote Irpef sugli scaglioni di reddito, avranno ricavi superiori a 25 mila euro, tali da comportare un reddito superiore a 15.000 euro, meglio ancora se quest'ultimo è superiore a 28 mila euro con ricavi oltre i 35 mila euro, quindi ricavi ancora più superiori. Tali contribuenti possono beneficiare della minore imposta sostitutiva del 15% in luogo dell’Irpef calcolata su aliquote del 27% o del 38%, ma sempre se non hanno ingenti spese che comportano il pagamento di cifre importanti come IVA sugli acquisti. Ma in ogni caso, tenendo conto che probabilmente il nuovo regime dei minimi conviene a chi ha più di 30.000 euro di ricavi, o comunque chi ha pochi costi rispetto ai ricavi, si assiste sostanzialmente alla fine della convenienza del regime dei minimi.

Il regime dei minimi attualmente in vigore

Il regime dei minimi, o forfettone, è stato introdotto nel 2008 con un imposta sostitutiva del 20%, poi diventata del 5% nel 2012. Tale regime è rivolto esclusivamente alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, quindi i lavoratori autonomi, o titolari di impresa individuale, oppure i professionisti, ed è valido per 5 anni. Per coloro che hanno meno di 35 anni, il regime può essere utilizzato anche per più di 5 anni, ma sempre fino all’anno d’imposta in cui si compiono 35 anni.

Requisiti e condizioni per fruire del regime dei minimi:

Per maggiori informazioni su tutte le altre condizioni, vediamo l’approfondimento sul regime dei minimi.

Semplificazioni e agevolazioni. I contribuenti che aderiscono al regime dei minimi possono fruire di alcune importanti agevolazioni contabili e dichiarative tra le quali:

  • L’esonero dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’IVA e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633/1972 (registrazione delle fatture emesse e di acquisto, dichiarazione e comunicazione annuale, compilazione elenchi clienti e fornitori, ecc.);
  • esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi;
  • esonero dagli studi di settore e parametri, compresa la presentazione della comunicazione dei dati rilevanti per gli studi di settore e dei parametri.

Adempimenti obbligatori. Tra gli adempimenti obbligatori ci sono la numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, la certificazione dei corrispettivi. Sulle fatture emesse il contribuente dovrà annotare che trattasi di “operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, comma 100, della legge finanziaria per il 2008”. Per i contribuenti minimi esercenti arti e professioni il conto corrente è obbligatorio.

Come abbiamo già detto l’IVA sugli acquisti non può essere detratta dai contribuenti minimi, quindi diventa un costo. Per maggiori informazioni vediamo la determinazione del reddito dei contribuenti minimi.

Questo regime è una ottima soluzione per i lavoratori autonomi ed i professionisti che si lanciano in una nuova attività, ivi compreso praticanti. Il regime dei minimi, infatti, è aperto ai praticanti delle professioni.

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