Cassa integrazione guadagni dopo il Jobs Act (D. Lgs. 148/2015)
La cassa integrazione guadagni è una prestazione economica che ha la funzione di integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori che vengono a trovarsi in precarie condizioni economiche per sospensione o riduzione dell'attività lavorativa. Lo scopo è anche quello di mantenere presso le aziende le aziende le maestranze già specializzate e di sollevare le aziende stesse, in temporanea difficoltà, dal costo della manodopera momentaneamente non utilizzata che può essere riammessa al lavoro, una volta superato li periodo di crisi. La normativa sulla cassa integrazione è stata riscritta con il Decreto Legislativo n. 148 del 14 settembre 2015.
Come funziona la cassa integrazione. La CIG può essere ordinaria (CIGO o cassa integrazione ordinaria), straordinaria (CIGS o cassa integrazione straordinaria) o in deroga (CIG in deroga):
- La CIG ordinaria viene attivata quando la sospensione o riduzione dell'attività aziendale dipende da eventi temporanei e transitori non imputabili né al datore di lavoro né ai lavoratori;
- Mentre la CIGS straordinaria, ossia la cassa integrazione straordinaria, è uno strumento finalizzato a fronteggiare gravi situazioni di eccedenza occupazione che potrebbero portare a licenziamenti di massa con evidente ripercussione sul piano sociale.
Vediamo tutta la normativa sulla cassa integrazione guadagni dopo il Jobs Act di Renzi.
SOMMARIO
Le novità
A chi spetta la cassa integrazione
Cassa integrazione per apprendisti
CIG
CIGS
Calcolo cassa integrazione guadagni
Importi massimi annuali
Durata massima
Contributo ordinario e addizionale
Pagamento
Pagamento diretto Inps
Cumulo più periodi in cassa integrazione
Obblighi lavoratori cassaintegrati
Tredicesima
TFR
Ferie
Permessi R.O.L. ex festività
Assegni familiari
Malattia
Infortunio
Maternità
Congedo parentale
Allattamento
Festività
Permessi Legge 104/1992
Congedo straordinario
Congedo matrimoniale
Donazione sangue
Le novità dopo il Decreto Legislativo n. 148/2015 (Jobs Act)
Con il Decreto Legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 (uno dei decreti del Jobs Act), il Governo Renzi ha attuato la legge delega n.183/2014 in materia di riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. Con questo Decreto viene quindi riscritta tutta la normativa relativa alla Cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria. Sono state quindi collocate in un unico corpo normativo tutte le disposizioni relative agli strumenti di tutela in costanza di lavoro, ivi compreso i fondi di solidarietà.
Vengono inoltre abrogate le disposizioni in materia di cassa integrazione contenute nelle seguenti leggi:
- la legge 20 maggio 1975, n. 164 (“Provvedimenti per la garanzia del salario”),
- la legge 6 agosto 1975, n. 427 (“Norme in materia di garanzia del salario e di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori dell’edilizia e affini”),
- la legge 23 luglio 1991, n. 223 (“Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”)
- e da ultimo la legge 28 giugno 2012, n. 92 recante la “Riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
La durata massima di CIG e CIGS è ridotta a 24 mesi, elevabili a 36 mesi con un contratto di solidarietà. Viene ridotto il contributo ordinario pagato per ogni lavoratore. Per la CIGS previste tre causali per crisi o riorganizzazione aziendale. Viene infine introdotto l’assegno di solidarietà. Vediamo tutte le novità.
Le disposizioni contenute nel decreto possono essere suddivise nei seguenti quattro gruppi fondamentali:
- disposizioni comuni alle integrazioni salariali ordinarie (CIGO) e straordinarie (CIGS);
disposizioni in materia di CIGO;
disposizioni in materia di CIGS;
disposizioni in materia di fondi di solidarietà.
Per effetto del decreto vengono estese le tutele a 1.400.000 lavoratori sinora esclusi.
Le disposizioni del decreto consentono risparmi di spesa, utilizzati per rendere strutturali la NASpI a 24 mesi anche dopo il 2016 e per rendere strutturali i finanziamenti per importanti interventi di politica sociale in materia di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro, assegno di disoccupazione (ASDI) e fondo per le politiche attive del lavoro.
Il decreto comporta anche, come ripetutamente affermato dal governo, una salvaguardia, per il solo 2015, della durata della NASpI con riferimento ai lavoratori stagionali del settore del turismo.
Cassa integrazione: durata massima di 24 mesi. Ecco le disposizioni comuni alle integrazioni salariali ordinarie (CIGO) e straordinarie (CIGS). I principali interventi riguardano:
- l’estensione dei trattamenti di integrazione salariale (CIG e CIGS) agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, con la conseguente estensione degli obblighi contributivi (precisamente, gli apprendisti diventano destinatari della CIGO e, nel caso in cui siano dipendenti di imprese per le quali trova applicazione solo la CIGS, di quest’ultimo trattamento, limitatamente alla causale di crisi aziendale);
- la revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali: viene previsto, infatti, che per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possano superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Utilizzando i contratti di solidarietà tale limite può essere portato a 36 mesi nel quinquennio mobile;
- l’introduzione di meccanismi di condizionalità concernenti le politiche attive del lavoro: nello specifico, i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali per i quali è programmata una sospensione o riduzione superiore al 50% dell’orario di lavoro sono convocati dai centri per l’impiego per la stipula di un patto di servizio personalizzato;
- l’introduzione di un meccanismo di “chi usa di più paga di più” sulle aliquote pagate dalle imprese. Il decreto prevede un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese attraverso le aliquote del contributo d’uso (contributo addizionale). Viene infatti previsto un contributo addizionale del 9% della retribuzione persa per i periodi di cassa (cumulando CIGO, CIGS e contratti di solidarietà) sino a un anno di utilizzo nel quinquennio mobile; del 12% sino a due anni e del 15% sino a tre.
Le novità in materia di cassa integrazione ordinaria (CIGO). Vediamo ora le disposizioni in materia di integrazioni salariali ordinarie (CIGO). I principali interventi riguardano:
- una riduzione generalizzata del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore. L’aliquota del contributo ordinario pagato da tutte le imprese indipendentemente dall’utilizzo della cassa passa quindi dall'1,90% all'1,70% della retribuzione per le imprese fino a 50 dipendenti; dal 2,20% al 2% per quelle sopra i 50; dal 5,20% al 4,70% per l'edilizia;
- l’introduzione del divieto di autorizzare ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell’integrazione salariale;
- e ciò, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGO, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione;
- la semplificazione della procedura di concessione delle integrazioni salariali ordinarie: nello specifico, viene previsto che il trattamento sia concesso dalla sede INPS territorialmente competente, senza previa deliberazione della Commissione provinciale della Cassa integrazione guadagni.
Novità sulla cassa integrazione straordinaria (CIGS). Ecco le disposizioni in materia di integrazioni salariali straordinarie (CIGS). I principali interventi riguardano la razionalizzazione della disciplina concernente le causali di concessione del trattamento. Nello specifico, viene previsto che l’intervento straordinario di integrazione salariale possa essere concesso per una delle seguenti tre causali:
- riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale);
- crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa. Viene previsto, tuttavia, che può essere autorizzata, per un limite massimo di 6 mesi e previo accordo stipulato in sede governativa, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, una prosecuzione della durata del trattamento di CIGS, qualora all’esito del programma di crisi aziendale l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale);
- contratto di solidarietà: pertanto, gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, diventano una causale di quest’ultima;
Ulteriori novità riguardano l’introduzione della previsione che per le causali di riorganizzazione aziendale e crisi aziendale possano essere autorizzate sospensioni del lavoro soltanto nel limite dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva nell’arco di tempo di cui al programma autorizzato; e ciò, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGS; questa disposizione non opera per un periodo transitorio di 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto;
Viene inoltre prevista la revisione della durata massima della CIGS e dei contratti di solidarietà; nello specifico:
- per la causale di riorganizzazione aziendale viene confermata l’attuale durata massima di 24 mesi per ciascuna unità produttiva, eliminando però la possibilità, attualmente prevista, di concedere le c.d. “proroghe complesse” (ossia due proroghe della durata massima di 12 mesi ciascuna);
- per la causale di crisi aziendale viene confermata la durata massima di 12 mesi;
- per la causale di contratto di solidarietà viene confermata, rispetto agli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, la durata massima di 24 mesi. Tale durata può essere estesa a 36 mesi, in quanto viene previsto che la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà, entro il limite di 24 mesi nel quinquennio mobile, sia computata nella misura della metà. Oltre tale limite, la durata di tali trattamenti viene computata per intero.
Elencate le principali novità, quindi cosa cambia per la cassa integrazione dopo il Jobs Act, entriamo nel merito degli articoli del Decreto Legislativo n. 148/2015.
Trattamenti di integrazione salariale (CIGO e CIGS). I trattamenti di integrazione salariale, quali sono la CIGO e la CIGS, sono disciplinati dal titolo I del Decreto (art. 1 – 25). Nell'ambito del medesimo titolo sono contenute e ridotte a unità tutte le norme relative sia all'istituto della cassa integrazione guadagni ordinaria sia le norme relative all'istituto della cassa integrazione guadagni straordinaria.
Il Titolo I è quindi articolato in tre Capi recanti rispettivamente: disposizioni generali (Capo l) che valgono sia per la CIGO che per la CIGS, la disciplina in materia di integrazioni salariali ordinarie (Capo Il) e la disciplina in materia di integrazioni salariali straordinarie (Capo III).
A chi spetta la cassa integrazione
Vediamo ora quali sono i lavoratori beneficiari della cassa integrazione. L’art. 1 del D. Lgs. 148/2015 disciplina il campo di applicazione soggettivo della cassa integrazione (ordinaria e straordinaria), ossia a chi spetta la cassa integrazione: “Sono destinatari dei trattamenti di integrazione salariale… i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti di cui all'articolo 2 (con contratto di apprendistato professionalizzante), con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio”.
Il requisito dell’anzianità di 90 giorni. Per beneficiare della cassa integrazione (sia ordinaria che straordinaria), i lavoratori di cui sopra “devono possedere, presso l'unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, un'anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni alla data di presentazione della relativa domanda di concessione. Viene quindi estesa la condizione dell’anzianità di effettivo lavoro anche alla CIGO, oltre che la CIGS. Ma c’è una deroga: “Tale condizione non è necessaria per le domande relative a trattamenti ordinari di integrazione salariale per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale”.
Per quanto riguarda gli appalti, “l'anzianità di effettivo lavoro del lavoratore che passa alle dipendenze dell'impresa subentrante nell'appalto, si computa tenendo conto del periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell'attività appaltata”.
Il Ministero del Lavoro nella circolare n. 24 del 5/10/2015 ha precisato che per giornate di “effettivo lavoro” si intendono le giornate di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria (quindi si conteggia anche il part-time), ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni.
Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 6 settembre 1995, sono computati anche i periodi di astensione dal lavoro per maternità obbligatoria.
La circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015 conferma che “in analogia con quanto disposto dall’art. 16, co. 1, L. 223/91, sono compresi nei 90 giorni di effettivo lavoro i periodi di sospensione dal lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni e, in applicazione degli indirizzi emersi dalla giurisprudenza, (Corte di Cassazione: pronunce n.16235/2002 e n.453/2003) anche i periodi di maternità obbligatoria”.
Per quanto riguarda il campo di applicazione, per il carattere generale del principio di anzianità di effettivo lavoro, questo requisito si applicherà per la prima volta anche alle integrazioni salariali ordinarie.
In caso di trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 C.C., conservando il lavoratore tutti i diritti che discendono dal rapporto di lavoro precedentemente instaurato col cedente, ai fini della verifica della sussistenza del requisito dell’anzianità di lavoro dei 90 giorni, si terrà conto anche del periodo trascorso presso l’imprenditore alienante.
È previsto infine che, nel caso in cui il lavoratore sia addetto ad un’attività appaltata e nel corso dell’appalto passi alle dipendenze di un’altra impresa (subentrante nell’appalto), l’anzianità dei 90 giorni si calcola tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata, a prescindere quindi dal fatto che vi sia stato un mutamento del datore di lavoro
Nello stesso comma 2 dell’art. 1 si prevede un’eccezione a questo principio generale: infatti, per le sole domande relative a trattamenti di cassa integrazione ordinaria per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale, comprese anche le imprese industriali dell’edilizia e affini e le imprese industriali di escavazione e lavorazione di materiali lapidei, viene esclusa la verifica del requisito dei 90 giorni di anzianità.
Come precisato dalla circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015, sono esclusi dalla cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria:
- i dirigenti ;
- i lavoratori a domicilio;
- i lavoratori con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;
- i lavoratori con contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca.
Cassa integrazione ordinaria e straordinaria anche per apprendisti
E' una delle novità. L’art. 2 del Decreto amplia il campo di applicazione della cassa integrazione includendo anche gli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzate. Gli apprendisti in questo caso, “che sono alle dipendenze di imprese per le quali trovano applicazione le sole integrazioni salariali straordinarie, sono destinatari dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, limitatamente alla causale di intervento per crisi aziendale di cui all'articolo 21, comma 1, lettera b)”. Si tratta del caso di “b) crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa”.
Nei casi in cui l'impresa rientri nel campo di applicazione sia delle integrazioni salariali ordinarie che di quelle straordinarie, oppure delle sole integrazioni salariali ordinarie, gli apprendisti sono destinatari esclusivamente dei trattamenti ordinari di integrazione salariale.
Tale previsione va posta in collegamento con le previsioni in materia di fondi di solidarietà che prevedono tra i destinatari delle prestazioni erogate dai fondi anche gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante da datori che non rientrano nel campo di applicazione della cassa integrazione. In tal modo sono ampliate le tutele in costanza di rapporto di lavoro riservate dalla normativa agli apprendisti.
In ragione della finalità anche formativa del contratto di apprendistato, la norma stabilisce altresì che “alla ripresa dell'attività lavorativa a seguito di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro, il periodo di apprendistato sia prolungato in misura equivalente all'ammontare delle ore di integrazione salariale fruite”.
Infine, agli apprendisti sono estesi gli obblighi contributivi previsti per le integrazioni salariali di cui sono destinatari. Inoltre, viene stabilito che “restano fermi gli obblighi di cui all'articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni”, norma che riportiamo integralmente in seguito.
773. Con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007 la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani è complessivamente rideterminata nel 10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita la ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali interessate. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche con riferimento agli obblighi contributivi previsti dalla legislazione vigente in misura pari a quella degli apprendisti. Con riferimento ai periodi contributivi di cui al presente comma viene meno per le regioni l'obbligo del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all'articolo 16 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. Per i datori di lavoro che occupano alle dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove la predetta complessiva aliquota del 10 per cento a carico dei medesimi datori di lavoro e' ridotta in ragione dell'anno di vigenza del contratto e limitatamente ai soli contratti di apprendistato di 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10 per cento per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al secondo. A decorrere dal l° gennaio 2007 ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del capo I del titolo VI del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono estese le disposizioni in materia di indennità giomaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati e la relativa contribuzione è stabilita con il decreto di cui al secondo periodo del presente comma.
Agli obblighi contributivi previsti per le integrazioni salariali riguardo gli apprendisti “non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183”. Si tratta della disposizione che riconosce ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10 per cento per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo.
La circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015, nel confermare che la cassa integrazione spetta anche ai lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante, comunica che però vi sono le seguenti specificità:
- gli apprendisti alle dipendenze di imprese che possono accedere alle integrazioni salariali ordinarie, sono destinatari esclusivamente dei trattamenti di integrazione salariale ordinaria;
- gli apprendisti alle dipendenze di imprese che possono accedere alle sole integrazioni salariali straordinarie, saranno destinatari di tale trattamento ma limitatamente al caso in cui l’intervento sia stato richiesto per la causale di crisi aziendale (art. 21, co. 1, lett. B);
- gli apprendisti alle dipendenze di imprese che possono accedere alle integrazioni salariali sia ordinarie che straordinarie, sono destinatari esclusivamente dei trattamenti di integrazione salariale ordinaria.
In ragione della finalità anche formativa del contratto di apprendistato, è stabilito altresì che, alla ripresa dell’attività lavorativa a seguito di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, il periodo di apprendistato sia prolungato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite.
Cassa integrazione ordinaria (CIG)
La cassa integrazione ordinaria è una prestazione erogata in caso di sospensione o riduzione dell’attività aziendale per eventi temporanei e transitori, quali sono le avversità atmosferiche, i danni provocati da eventi naturali (alluvioni, frane, etc.,), i danni provocati da eventi accidentali (incendi, crolli, etc.,), l’eventuale interruzione di energia elettrica dell'Ente erogatore senza preavviso alla ditta, oppure la presenza di crisi temporanea di mercato o mancanza di commesse o di materie prime, oppure in caso di sciopero di un reparto o di altra azienda collegata.
La CIGO spetta a tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, ivi compreso gli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante. Sono invece esclusi i dirigenti ed i lavoratori a domicilio. Come già visto, il rapporto di lavoro subordinato del lavoratore deve avere un anzianità di 90 giorni presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento per beneficiare della cassa integrazione.
La durata della cassa integrazione ordinaria è di un massimo di 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane”.
Per quanto riguarda l’importo della CIGO, esso segue i criteri generali delle integrazioni salariali (80% della retribuzione globale), ivi compreso i limiti massimi annuali.
L’integrazione salariale ordinaria va richiesta previa consultazione sindacale. La comunicazione preventiva dovrà indicare le cause di sospensione o di riduzione dell'orario di lavoro, l'entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati. Per l'ammissione al trattamento ordinario di integrazione salariale, l'impresa presenta la domanda di concessione in via telematica all'INPS. La domanda della CIGO deve essere presentata entro il termine di 15 giorni dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa. Per maggiori informazioni vediamo l’approfondimento sulla cassa integrazione ordinaria.
Cassa integrazione straordinaria (CIGS)
La Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) è uno strumento di finalizzato a fronteggiare gravi situazioni di eccedenza occupazionale che potrebbero portare a licenziamenti. L'intervento straordinario di integrazione salariale è destinato alle imprese industriali, artigiane, di vigilanza ecc. che abbiano occupato più di 15 dipendenti nei sei mesi precedenti la richiesta di intervento. Per le imprese esercenti attività commerciali e le agenzie di viaggio e turismo è richiesto, per beneficiare della CIGS, che abbiano occupato mediamente più di 50 dipendenti, inclusi apprendisti e dirigenti. La cassa integrazione straordinaria invece non spetta a dirigenti, agli apprendisti, ai lavoratori a domicilio, agli autisti alle dipendenze del titolare di impresa.
L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una delle seguenti causali:
a) riorganizzazione aziendale (ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione aziendale);
b) crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa;
c) contratto di solidarietà.
Per quanto riguarda la durata, se la richiesta è per la causale della riorganizzazione aziendale la durata massima è di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. Per la causale di crisi aziendale la durata massima è di 12 mesi, anche continuativi. Per la terza ipotesi, quella del contratto di solidarietà difensivo, divenuto con la nuova normativa parte integrante della CIGS, la durata massima è sempre di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. E’ possibile estender e la durata fino a 36 mesi con la combinazione tra CIGS e contratto di solidarietà.
Nel contratto di solidarietà la riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà.
Per quanto riguarda gli importi della CIGS, la normativa è quella generale, quindi l’80% della retribuzione globale, anche in questo caso con importi massimi annuali.
Per quanto riguarda la procedura di richiesta, essa varia in base alla causale. Si va dalla consultazione sindacale alla domanda di esame congiunto della situazione aziendale, che precedono la domanda per la CIGS che va presentata in via telematica per attivare il procedimento amministrativo di concessione. Per maggiori informazioni su tutti questi aspetti, vediamo l’approfondimento sulla cassa integrazione straordinaria.
Calcolo cassa integrazione guadagni
L’articolo 3 del D. Lgs. 148 del 14 settembre 2015 conferma quanto previsto dalla normativa precedente in materia di misura del trattamento di integrazione salariale (sia cassa integrazione guadagni ordinaria che straordinaria). Vediamo quindi come si calcola l’importo mensile della cassa integrazione.
Misura CIGO e CIGS: “Il trattamento di integrazione salariale ammonta all'80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale”. Il trattamento si calcola tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga.
L’orario contrattuale può dunque essere anche superiore a 40 ore settimanali, fermi restando ovviamente i relativi limiti di legge.
Nel caso in cui la riduzione dell'orario di lavoro sia effettuata con ripartizione dell'orario su periodi ultrasettimanali predeterminati, l'integrazione è dovuta, nei limiti di cui ai periodi precedenti, sulla base della durata media settimanale dell'orario nel periodo ultrasettimanale considerato.
Ai lavoratori con retribuzione fissa periodica, la cui retribuzione sia ridotta in conformità di norme contrattuali per effetto di una contrazione di attività, l'integrazione è dovuta entro i limiti dell’80% di cui sopra, ragguagliando ad ora la retribuzione fissa goduta in rapporto all'orario normalmente praticato.
Agli effetti dell'integrazione le indennità accessorie alla retribuzione base, corrisposte con riferimento alla giornata lavorativa, sono computate secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni di legge e di contratto collettivo che regolano le indennità stesse, ragguagliando in ogni caso ad ora la misura delle indennità in rapporto a un orario di otto ore.
Cassa integrazione per lavoratori a cottimo. Per i lavoratori retribuiti a cottimo e per quelli retribuiti in tutto o in parte con premi di produzione, interessenze e simili, l'integrazione è riferita al guadagno medio orario percepito nel periodo di paga per il quale l'integrazione è dovuta.
Importo massimo della cassa integrazione
L’Inps ogni anno comunica gli importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale. L’importo della cassa integrazione ordinaria o straordinaria percepita dipende dalla retribuzione percepita dal lavoratore. Ecco gli importi massimi della cassa integrazione per gli anni 2016, 2015, 2014 e 2013.
L’art. 3, comma 6, del Decreto Legislativo n. 148/15 prevede che, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a decorrere dall’anno 2016, gli importi del trattamento di cui alle lettere a) e b) dell’art.3, comma 5, del decreto 148/2015 (c.d. “tetti” dei trattamenti di integrazione salariale), nonché la retribuzione mensile di riferimento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, da prendere a riferimento quale soglia per l’applicazione del massimale più alto – siano aumentati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
L’art. 1, comma 287, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) precisa che “Con riferimento alle prestazioni previdenziali e assistenziali e ai parametri ad esse connessi, la percentuale di adeguamento corrispondente alla variazione che si determina rapportando il valore medio dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, relativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’adeguamento, all’analogo valore medio relativo all’anno precedente non può risultare inferiore a zero”.
Ora vediamo quali sono gli importi massimi della cassa integrazione per l’anno 2016. A prevederli è la circolare Inps n. 48 del 14 marzo 2016. Si riportano gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui al citato art. 3, comma 5, del Decreto Legislativo n. 148/15, la retribuzione lorda mensile, maggiorata dei ratei relativi alle mensilità aggiuntive, oltre la quale è possibile attribuire il massimale più alto. Gli importi sono indicati, rispettivamente, al lordo ed al netto della riduzione prevista dall’art. 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, che attualmente è pari al 5,84 per cento:
a) euro 971,71 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;
b) euro 167,91 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.
Gli importi massimi mensili sono comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima mensilità).
Si sottolinea inoltre che, in base al combinato disposto dell’art. 3 e del comma 1, lett. I e M, dell’art. 46 (abrogazione art. 1 L. 863/84 e art. 13 L. 223/91), per le integrazioni salariali relative a contratti di solidarietà, il trattamento ammonterà all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate con il limite dei massimali che, quindi, si applicheranno anche ai trattamenti relativi ai contratti di solidarietà sottoposti alla nuova disciplina del D.Lgs. n. 148/2015.
Ora vediamo quali sono i massimali della cassa integrazione per l’anno 2015. A prevederli è la circolare Inps n. 19 del 30 gennaio 2015. L'importo del trattamento della cassa integrazione è soggetto alle disposizioni di cui all'articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (riduzione importi di cassa integrazione pari al 5,84% aliquote contributive apprendisti) e non può superare per l'anno 2015 gli importi massimi mensili seguenti, comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima mensilità):
a) euro 971,71 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;
b) euro 167,91 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.
Trattamenti di integrazione salariale (Cassa integrazione ordinaria CIG e Cassa integrazione straordinaria CIGS): importi massimi cassa integrazione per l’anno 2014. Per l’anno 2014, gli importi mensili massimi erogati dall’Inps (circolare n. 12 del 29 gennaio 2014) sono:
a) 969,77 euro lordi e 913,14 euro netti, in caso di retribuzione inferiore o uguale a 2.098,04 euro;
b) 1.165,58 euro lordi e 1.095,51 euro netti, in caso di retribuzione superiore a 2.098,04 euro.
Trattamenti di integrazione salariale: importi massimi cassa integrazione per l’anno 2013. Gli importi mensili massimi erogati dall’Inps (circolare n. 14 del 30 gennaio 2013) sono:
a) 959,22 euro lordi e 903,20 euro netti, in caso di retribuzione inferiore o uguale a 2.075,21 euro;
b) 1.152,90 euro lordi e 1.085,57 euro netti, in caso di retribuzione superiore a 2.075,21 euro.
Trattamenti di integrazione salariale settore edile. Gli importi massimi devono essere incrementati, in relazione a quanto disposto dall'articolo 2, comma 17, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nella misura ulteriore del 20 per cento per i trattamenti di integrazione salariale concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali in edilizia.
Trattamenti di integrazione salariale – settore edile (intemperie stagionali): Gli importi massimi per il 2016 sono i seguenti:
- 1.166,05 euro lordi e 1.097,95 euro netti, in caso di retribuzione inferiore o uguale a 2.102,24 euro;
- 1.401,49 euro lordi e 1.319,64 euro netti, in caso di retribuzione superiore a 2.102,24 euro.
Trattamenti di integrazione salariale – settore edile (intemperie stagionali): Gli importi massimi per il 2015 sono i seguenti:
- 1.166,05 euro lordi e 1.097,95 euro netti, in caso di retribuzione inferiore o uguale a 2.102,24 euro;
- 1.401,49 euro lordi e 1.319,64 euro netti, in caso di retribuzione superiore a 2.102,24 euro.
Trattamenti di integrazione salariale – settore edile (intemperie stagionali): Gli importi massimi per il 2014 sono i seguenti:
- 1.163,72 euro lordi e 1.095,76 euro netti, in caso di retribuzione inferiore o uguale a 2.098,04 euro;
- 1.398,70 euro lordi e 1.317,02 euro netti, in caso di retribuzione superiore a 2.098,04 euro.
Trattamenti di integrazione salariale – settore edile (intemperie stagionali): Gli importi massimi per il 2013 sono i seguenti:
- 1.151,06 euro lordi e 1.083,84 euro netti, in caso di retribuzione inferiore o uguale a 2.075,21 euro;
- 1.383,48 euro lordi e 1.302,68 euro netti, in caso di retribuzione superiore a 2.075,21 euro.
L'Inps nella circolare n. 197 del 2 dicembre 2015, contiene un allegato 1 con l'algoritmo di calcolo delle integrazioni salariali:
ALL. 1
MODALITÀ DI CALCOLO DELLE INTEGRAZIONI SALARIALI
1. Individuazione del Massimale. Calcolo della retribuzione mensile lorda.
L’importo dell’integrazione salariale da corrispondere a ciascun lavoratore è soggetto ad un limite mensile massimo indipendentemente dal periodo di paga e rivalutato annualmente in ragione dell’aumento derivante dalla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati (art. 3 D.Lgs 148/2015).
Il massimale da prendere a riferimento varia a seconda che la retribuzione lorda mensile del lavoratore, maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive, sia minore/uguale o maggiore ad una retribuzione mensile “soglia” fissata per legge, pari, per l’anno 2015, a € 2.102,24 (anche quest’importo viene aggiornato annualmente in ragione dell’aumento derivante dalla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati). Qualora la retribuzione lorda mensile del lavoratore, maggiorata dei ratei relativi alle mensilità aggiuntive, sia inferiore o uguale a € 2.102,24 , il massimale sarà pari a € 971,71; qualora sia superiore sarà pari a € 1.167,91.
L’Istituto, ciascun anno, con propria circolare pubblica gli importi aggiornati dei massimali e della retribuzione “soglia”.
Per quanto riguarda i trattamenti di integrazione salariale concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali, detti importi massimi devono essere incrementati del 20 per cento (Art. 3, comma 10, D.Lgs. 148/2015). In tal caso, ferma restando la retribuzione di riferimento, il massimale inferiore sarà pari, per l’anno 2015, a € 1.166,05 e quello superiore a € 1.401,49.
Per individuare l’importo massimale da applicare è quindi necessario determinare la retribuzione mensile lorda del lavoratore maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive.
Retribuzione mensile lorda (RM) presa a base per la determinazione del Massimale
La retribuzione mensile lorda coincide con la retribuzione teorica (<RetribuzioneTeorica>) indicata nel flusso Uniemens.
Retribuzione mensile lorda per lavoratori part-time
Nel caso di lavoratore part-time la retribuzione mensile lorda sarà rapportata all’importo del corrispondente lavoratore full-time secondo il seguente calcolo:
• nel caso di part-time orizzontale la retribuzione teorica sarà moltiplicata per 100 e divisa per la percentuale di part-time (<PercPartTime>) espressa in unità, con 2 decimali;
• analogamente nei casi di part-time verticale o misto la retribuzione teorica sarà moltiplicata per 100 e divisa per la percentuale di part-time del mese (<PercPartTimeMese>) espressa in unità, con 2 decimali.
Retribuzione mensile lorda per i lavoratori assunti/cessati in corso mese
Nel caso di lavoratori assunti o cessati nel corso del mese, ovvero in caso di cambio di qualifica, la retribuzione teorica sarà rapportata all’importo spettante per un intero mese di lavoro secondo il seguente calcolo:
• la retribuzione teorica dichiarata sarà divisa per il numero di giorni di rapporto di lavoro ricavati dagli elementi <Giorno> di Uniemens e moltiplicata per il numero di giorni di calendario del mese. Al riguardo si precisa che per i giorni di rapporto di lavoro, dal giugno 2012, deve essere compilato il corrispondente elemento <Giorno> indipendentemente dal fatto che tale giorno risulti lavorato o meno.
Maggiorazione ratei dei ratei di mensilità aggiuntive
Alla retribuzione mensile lorda così determinata, devono essere sommati gli importi riferiti ai ratei delle mensilità aggiuntive che avviene con il seguente calcolo:
retribuzione mensile lorda moltiplicata per il numero di mensilità (<NumMensilita>) di Uniemens, espresso in unità con 3 decimali, e divisa per 12.
Individuazione del Massimale (M)
Il massimale da applicare viene individuato confrontando la retribuzione mensile lorda maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive, con la retribuzione “soglia”. Per esempio, nell’anno 2015 se la retribuzione di cui sopra è inferiore o uguale a € 2.102,24, il massimale sarà pari a € 971,71; diversamente sarà pari a € 1.167,91.
2. Determinazione della Retribuzione e del Massimale Orari.
L’art. 3, co. 5, del D.Lgs 148/2015, stabilisce che l’importo dei massimali deve essere rapportato alle ore di integrazione autorizzate; di conseguenza per il calcolo della prestazione è necessario determinare il Massimale orario e la retribuzione oraria.
Massimale orario (Mo)
In generale il Massimale orario si ottiene dividendo il Massimale mensile di cui al punto precedente, per le ore lavorabili nel mese. Le ore effettivamente lavorabili sono esposte nel flusso Uniemens valorizzando l’elemento ore lavorabili (<OreLavorabili>) espresso in centesimi. Il conseguente Massimale orario sarà quindi pari al massimale individuato diviso per le ore lavorabili espresse in unità con 2 decimali.
Nel caso di lavoratore part-time, le ore lavorabili, corrispondenti al lavoratore full-time, saranno determinate secondo il seguente calcolo:
• nel caso di part-time orizzontale le ore lavorabili saranno moltiplicate per 100 e divise per la percentuale di part-time (<PercPartTime>) espressa in unità, con 2 decimali;
• analogamente nei casi di part-time verticale o misto le ore lavorabili saranno moltiplicate per 100 e divise per la percentuale di part-time del mese (<PercPartTimeMese>) espressa in unità, con 2 decimali.
Nel caso di un lavoratore assunto o cessato in corso mese, ovvero per il quale sia intervenuto un cambio di qualifica, le ore lavorabili indicate in Uniemens sono riferite al solo periodo indicato nella denuncia individuale e quindi non possono essere utilizzate per il calcolo del Massimale orario; pertanto, utilizzando il seguente algoritmo: orario contrattuale settimanale (<OrarioContrattuale>) diviso 6 e moltiplicato il numero di giorni lavorativi (tutti con esclusione delle domeniche) presenti nel mese, verrà individuato il numero teorico di ore lavorabili riferito all’intero mese. Il Massimale orario sarà pari al Massimale precedentemente individuato diviso il numero teorico di ore lavorabili.
Retribuzione oraria (RMo)
Per i lavoratori cd. Mensilizzati (<TipoPaga> uguale M in Uniemens), per i quali nel mese non vi sia stata alcuna interruzione del rapporto, la retribuzione oraria è determinata dividendo la retribuzione mensile lorda (RM), comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, per il divisore orario contrattuale indicato in Uniemens nell’elemento <DivisoreOrarioContr>.
Per tutte le altre tipologie di lavoratori (assunti/cessati in corso di mese e/o retribuiti su base oraria o giornaliera) la retribuzione oraria viene determinata moltiplicando la retribuzione teorica (<RetribTeorica>) per il numero di mensilità (<NumMensilita>) espresso in unità con 3 decimali, diviso per 12 ed ulteriormente diviso per le ore lavorabili (<OreLavorabili>) espresse in unità con 2 decimali.
Retribuzione oraria presa a base per il calcolo della prestazione (RMoP)
La retribuzione oraria da utilizzare per il calcolo della prestazione è l’importo minore risultante dal confronto tra l’80% della retribuzione oraria (RMo) ed il Massimale orario (Mo), come precedentemente determinati.
Numero ore da integrare (OP)
Quando sia intervenuta l’autorizzazione, che può coprire periodi eccedenti quello di riferimento dell’Uniemens, le ore di CIG da porre in pagamento, corrispondono al totale delle ore di Cassa Integrazione indicate nell’Uniemens nell’elemento <NumOreEvento> ed espresse in centesimi. La somma sarà quindi trasformata in unità con 2 decimali.
3. Calcolo della prestazione
Indennità salariale lorda
Indennità salariale lorda è uguale alla retribuzione oraria presa a base per il calcolo (RMoP) moltiplicato il numero di ore da integrare (OP) precedentemente calcolato.
Indennità integrativa netta
Indennità netta è pari all’indennità salariale lorda ridotta di un importo pari all’applicazione dell’aliquota contributiva prevista a carico degli apprendisti (5,84 %).
Durata massima della cassa integrazione
E’ una delle novità più importanti del Decreto. L’art. 4 revisiona la durata massima complessiva delle integrazioni salariarli (sia CIGO che CIGS).
La disposizione prevede che “per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile, fatto salvo quanto previsto all'articolo 22, comma 5 (Ai fini del calcolo della durata massima complessiva, la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente)”.
Viene quindi inserita una durata massima della cassa integrazione di 24 mesi in un quinquennio che torna ad essere mobile, così come originariamente previsto dalla disciplina dettata dalla legge 223 del 1991.
Al fine di incentivare l'utilizzo di strumenti di sostegno al reddito che prevedano la riduzione dell'orario di lavoro piuttosto che la sospensione dell'attività Lavorativa, la norma (all'articolo 22, comma 5, qui richiamato) stabilisce che, ai fini del computo della durata massima nel quinquennio, la durata dei trattamenti straordinari d'integrazione salariale concessi a seguito della stipula di un contratto di solidarietà entro il limite di 24 mesi, venga computata nella misura della metà.
Nella relazione tecnica su questo punto si legge che “si è inteso, anche in questo modo, inserire norme che favoriscono il ricorso Il strumenti che prevedono la riduzione dell'orario di lavoro piuttosto che la sospensione dei lavoratori dal lavoro, perseguendo in tal modo l'intento di favorire la conservazione e la salvaguardia non soltanto dei posti di lavoro ma anche delle professionalità dei lavoratori che mantengono un legame più forte con l'impresa in attesa della normale ripresa produttiva”.
Quando la durata della cassa integrazione è di 30 mesi. Al comma 2 della medesima norma è previsto elle per le imprese industriali e artigiane dell'edilizia e affini e le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei (con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavalzione, come precisato dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 24/2015), il trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale non può superare la durata massima complessiva di 30 mesi in un quinquennio mobile. Tn considerazione delle specificità di tali settori, infatti, che tipicamente non consentono l'utilizzo dei contratti di solidarictà, il limite complessivo è irmalzato, non applicandosi al contempo la citata disposizione relativa ai contratti di solidarietà.
L’art. 44, comma 2, del Decreto n. 148/2015, stabilisce che, ai fini del computo delle durate massime complessive dei 24 mesi o 30 mesi nel quinquennio mobile, i trattamenti richiesti prima dell’entrata in vigore del decreto (24 settembre 2015) si computano per la sola parte del periodo autorizzato successiva a tale data.
Come si calcola la durata massima. La circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015 indica i criteri:
Per controllare il limite anzidetto nell’ambito del quinquennio “mobile” si procederà in modo analogo a quanto già in uso relativamente al biennio mobile della CIGO:
- si considererà la prima settimana oggetto di richiesta di prestazione e, a ritroso, si valuteranno le 259 settimane precedenti (cosiddetto quinquennio mobile). Se in tale arco temporale saranno già state autorizzate 104 settimane (pari cioè a 24 mesi) non potrà essere riconosciuto il trattamento richiesto, fatto salvo quanto disposto dall’art.22, comma 5. Tale conteggio si riproporrà per ogni ulteriore settimana di integrazione salariale richiesta.
Si precisa, altresì, che ai soli fini della verifica della durata massima di cui all’art. 4 del decreto legislativo in argomento, il sistema di osservazione del quinquennio mobile non prenderà in considerazione periodi anteriori al 24 settembre 2015.
Esempi:
- 12 mesi di CIGO+12 mesi di CIGS (es. riorganizzazione): ok 24 mesi ;
- 12 mesi di CIGO+24 mesi di CDS (Contratto di Solidarietà): ok 36 mesi;
- 12 mesi di CIGS (es. crisi)+24 mesi di CDS: ok 36 mesi ;
- 36 mesi di CDS: ok 6 mesi di CIGO+12 mesi di CDS: possibili altri 12 mesi di CIGS oppure altri 18 mesi di CDS.
Nozione di Unità produttiva. Il principio generale sul limite di durata massima delle fruizioni di integrazione salariale si fonda sul concetto di unità produttiva.
Questo concetto organizzativo è adottato dal decreto legislativo 148 come parametro di riferimento per la valutazione di importanti requisiti e limiti che in estrema sintesi, si ritiene utile riepilogare. Il decreto legislativo utilizza la nozione di unità produttiva:
per definire il requisito soggettivo dell’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni; per calcolare, con riferimento alla CIGO, i tre limiti temporali massimi concomitanti di utilizzo dell’ammortizzatore sociale (limite del quinquennio mobile, limite delle 52 settimane nel biennio, limite di un terzo delle ore lavorabili); per definire, in base ai suddetti limiti temporali, l’incremento del contributo addizionale; per radicare la competenza delle sedi INPS per la trattazione delle istanze.
Secondo la circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015, l’unità produttiva si identifica con la sede legale, gli stabilimenti, le filiali e i laboratori distaccati dalla sede, che abbiano una organizzazione autonoma.
Costituiscono indice dell’organizzazione autonoma lo svolgimento nelle sedi, stabilimenti, filiali e laboratori distaccati, di un’attività idonea a realizzare l’intero ciclo produttivo o una sua fase completa, unitamente alla presenza di lavoratori in forza in via continuativa.
Quindi l’unità produttiva deve essere funzionalmente autonoma, caratterizzata per la sua sostanziale indipendenza tecnica: in essa deve essere svolto e concluso il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell'attività produttiva aziendale (Cass. 22.4.2010, n. 9558; Cass. 22.3.2005, n. 6117; Cass. 6.8.2003, n. 11883; Cass. 9.8.2002, n. 12121; Cass. 20.7.2001, n. 9881).
Non sono da ricomprendersi, pertanto, nella definizione di unità produttiva i cosiddetti cantieri temporanei di lavoro, quali, ad esempio, quelli per l’esecuzione di lavori edili di breve durata e/o per l’installazione di impianti.
La circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015:
Sul piano operativo, la comunicazione dei dati identificativi dell’unità produttiva va effettuata avvalendosi delle apposite procedure telematiche disponibili sul sito internet dell’Inps, accedendo alla funzione “Comunicazione unità operativa/Accentramento contributivo” dei “Servizi per aziende e consulenti” (sezione “Aziende, consulenti e professionisti”).
Il numero progressivo dell’unità produttiva rilasciato dall’Istituto dovrà essere obbligatoriamente indicato nell’elemento <UnitaOperativa> della sezione <DatiIndividuali> del flusso UniEmens.
Nell’ipotesi in cui vi sia un’unica unità produttiva, coincidente con la sede legale, il valore da riportare nell’apposito campo sarà uguale a “0” (zero).
A partire dalla data di emanazione della presente circolare (2 dicembre 2015), pertanto, l’apertura di Unità produttiva dovrà essere valorizzata nell’elemento <UnitaOperativa> sulla base delle indicazioni contenute nella presente circolare e sarà aggiornata in tal senso la descrizione del suddetto campo nel manuale di compilazione Uniemens e nell’allegato tecnico. Risulta, pertanto, superata ogni diversa indicazione fornita al riguardo.
Sarà cura dei datori di lavoro verificare ed eventualmente aggiornare il censimento delle unità produttive e dei lavoratori distribuiti presso le unità produttive, ai fini della nuova valorizzazione dell’elemento <UnitaOperativa>. Il censimento delle unità produttive, da parte dei datori di lavoro, sarà oggetto di controllo da parte degli Operatori delle Strutture territoriali.
In fase di prima applicazione, in attesa della completa implementazione delle modifiche sopra descritte, ai fini della istruttoria delle nuove istanze, si considerano Unità produttive quelle dichiarate dall’azienda nella domanda di concessione della CIG.
Contributo ordinario e addizionale: quanto costa la cassa integrazione alle imprese
Cambia il sistema di calcolo dei contributi da parte delle imprese beneficiarie della cassa integrazione. C’è un collegamento diretto tra costo del trattamento e la sua durata. Le aziende devono un contributo ordinario e, nei casi di utilizzo delle integrazioni salariali, un contributo aggiuntivo. Vediamoli.
Il contributo ordinario per la cassa integrazione ordinaria. A carico delle imprese potenziali beneficiarie della cassa integrazione ordinaria è stabilito un contributo ordinario, nella misura di:
a) 1,70 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti delle imprese industriali che occupano fino a 50 dipendenti;
b) 2,00 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti delle imprese industriali che occupano oltre 50 dipendenti;
c) 4,70 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli operai delle imprese dell'industria e artigianato edile;
d) 3,30 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli operai delle imprese dell'industria e artigianato lapidei;
e) 1,70 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli impiegati e quadri delle imprese dell'industria e artigianato edile e lapidei che occupano fino a 50 dipendenti;
f) 2,00 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli impiegati e quadri delle imprese dell'industria e artigianato edile e lapidei che occupano oltre 50 dipendenti.
Il contributo ordinario per la cassa integrazione straordinaria. L’articolo 23 del Decreto conferma l’aliquota di contribuzione ordinaria già prevista dalla normativa precedente: “E' stabilito un contributo ordinario nella misura dello 0,90 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori per i quali trova applicazione la disciplina delle integrazioni salariali straordinarie, di cui 0,60 per cento a carico dell'impresa o del partito politico e 0,30 per cento a carico del lavoratore.
Poi c’è un contributo dovuto sia per la cassa integrazione ordinaria che straordinaria in caso di presentazione della domanda di integrazione salariale. L’art. 5 del Decreto Legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 stabilisce la contribuzione addizionale che devono versare le imprese: “A carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale è stabilito un contributo addizionale, in misura pari a:
a) 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o piu' interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
b) 12 per cento oltre il limite di cui alla lettera a) e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
c) 15 per cento oltre il limite di cui alla lettera b), in un quinquennio mobile.
Il contributo addizionale a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale non più commisurato all’organico dell’impresa – quindi sulla base di un criterio dimensionale – ma connesso all’effettivo utilizzo del trattamento.
Si passa quindi dalle vecchie aliquote del 4% per la CIG ordinaria (che diventava 8% nelle aziende con oltre 50 addetti) e del 3% per la CIGS (che diventava 4,5% nelle imprese con più di 50 dipendenti) alla percentuale identica per entrambi i trattamenti del 9% che poi diventa il 12% e il 15%, come chiarito sopra. Per la cassa integrazione straordinaria le aliquote raddoppiano come minimo. Ovviamente in caso di utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale.
Dall’altro lato calano invece i contributi ordinari dovuti da tutte le imprese potenziali beneficiarie per la cassa integrazione ordinaria, mentre quelli per la cassa integrazione straordinaria rimangono identici. La percentuale per la CIGO infatti è ora dell’1,70% per le aziende fino a 50 dipendenti, mentre nel passato era dell’1,90%. Per le aziende con oltre 50 dipendenti la percentuale è del 2% rispetto al 2,2% della precedente normativa.
Quando il contributo ordinario non è dovuto. Il contributo ordinario non è dovuto per gli interventi di CIGO concessi per eventi oggettivamente non evitabili, nonché dalle imprese sottoposte a procedura concorsuale, come già previsto dall’art. 8, comma 8 bis, della Legge n. 160 del 20 maggio 1988, nonché dalle aziende che ricorrono ai trattamenti di cui all’art. 7, comma 10 ter, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
Inoltre, il contributo addizionale non sarà dovuto dalle imprese che, sottoposte a procedura concorsuale con continuazione dell’esercizio di impresa, possono accedere, sussistendone i presupposti, dal 1 gennaio 2016 al trattamento di CIGS. Infatti, l’art. 8, comma 8 bis, della legge n. 160/88 nell’individuare il campo di applicazione delle imprese escluse dal contributo addizionale fa riferimento ad imprese sottoposte a “procedura concorsuale”.
Come viene pagata la cassa integrazione
Vediamo ora chi paga la cassa integrazione e quindi lo stipendio. A disciplinare le modalità di erogazione della CIGO e della CIGS nonché il termine per il rimborso delle prestazioni è l’art. 7 del Decreto.
La cassa integrazione pagata dal datore di lavoro. Il pagamento delle integrazioni salariali è effettuato dall'impresa ai dipendenti aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga.
Contribuzione figurativa durante la cassa integrazione. A disciplinare tale aspetto è l’art. 6: “I periodi di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro per i quali è ammessa l'integrazione salariale sono riconosciuti utili ai fini del diritto e della misura alla pensione anticipata o di vecchiaia. Per detti periodi il contributo figurativo è calcolato sulla base della retribuzione globale cui è riferita l'integrazione salariale”.
6 mesi per il rimborso dall’Inps. L'importo delle integrazioni è poi rimborsato dall'INPS all'impresa o conguagliato da questa secondo le norme per il conguaglio fra contributi dovuti e prestazioni corrisposte.
Il comma 3 dell’art. 7 introduce un periodo transitorio. Per i trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto o, se richiesti antecedentemente, non ancora conclusi entro tale data, il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori devono essere effettuati, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione se successivo. Per i trattamenti conclusi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, i sei mesi di cui al primo periodo decorrono da tale data.
In via esemplificativa, se il periodo autorizzato scata il giorno 1° ottobre, l’azienda potrà richiedere il rimborso all’INPS o effettuare il conguaglio entro 6 mesi decorrenti dal 30 ottobre, quindi entro il 30 aprile, a pena di decadenza.
Qualora il provvedimento di concessione sia successivo alla scadenza del termine di durata del trattamento autorizzato, il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori deve essere richiesto dall’azienda entro 6 mesi dalla data del provvedimento di concessione.
In via esemplificativa, nell’ipotesi in cui il trattamento sia autorizzato per il periodo dal 1° dicembre 2015 al 30 novembre 2016, con decreto direttoriale emesso e datato 1° gennaio 2017, i sei mesi decorrono dalla data del provvedimento, ovvero dal 1° gennaio 2017.
Per i trattamenti conclusi prima della data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 148 (24 settembre 2015), per i quali non sia stato ancora richiesto il rimborso all’Inps o effettuato il conguaglio, i sei mesi decorrono dalla data di entrata in vigore del Decreto (24 settembre 2015) o, se successiva, dalla data del decreto di autorizzazione.
La circolare Inps n. 197/2015:
Il pagamento delle integrazioni salariali venga effettuato dall’impresa ai dipendenti aventi diritto, alla fine di ogni periodo di paga. L’impresa provvederà a porre a conguaglio l’importo anticipato nella denuncia contributiva mensile. In caso di cessazione di attività l’azienda potrà richiedere il rimborso mediante l’invio di un flusso UNIEMENS regolarizzatore riferito all’ultimo mese di attività.
Per i trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo o, se richiesti antecedentemente, non ancora conclusi entro tale data, viene introdotto un termine di decadenza pari a 6 mesi, dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione se successivo, entro il quale sono ammessi il conguaglio (data presentazione UNIEMENS) o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori.
Per i trattamenti già autorizzati il cui periodo di integrazione salariale si conclude prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo, i sei mesi decorrono dalla data di entrata in vigore dello stesso.
Per “provvedimento di concessione” si intende la delibera dell’INPS territorialmente competente per quanto riguarda le integrazioni salariali ordinarie, e il decreto ministeriale per le integrazioni salariali straordinarie. A tal riguardo, si sottolinea che ad ogni istanza di CIGO o ad ogni decreto di concessione CIGS/contratto di solidarietà dovrà corrispondere, da parte delle sede INPS, un’unica autorizzazione relativa all’intero periodo per ogni unità produttiva interessata.
Tale nuova previsione di decadenza rende pertanto non più attuali i chiarimenti diramati dall’Istituto con circ. n. 155/2002, punto 1, e mess. n. 49 del 15.1.2003.
Entrata in vigore del decreto: 24/09/2015
Esempio 1:
- Periodo autorizzazione CIGO: dal 22/02/2016 al 07/04/2016 ;
- data delibera INPS: 15/04/2016;
- termine di decadenza: 31/10/2016;
- ultima denuncia utile per operare il conguaglio: competenza ottobre 2016 ;
- data decorrenza 6 mesi: 30/04/2016 (fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione).
Esempio 2:
- Periodo autorizzazione CIGO: dal 22/02/2016 al 07/04/2016 ;
data delibera INPS: 09/05/2016;
termine di decadenza: 10/11/2016;- ultima denuncia utile per operare il conguaglio: competenza novembre 2016;
- data decorrenza 6 mesi: 09/05/2016 (data del provvedimento di concessione).
Esempio 3:
- Periodo autorizzazione CIGO: dal 22/02/2015 al 07/04/2015 ;
- data delibera INPS: 20/07/2015 ;
- termine di decadenza 25/03/2016;
- ultima denuncia utile per operare il conguaglio: competenza marzo 2016;
- data decorrenza 6 mesi: 24/09/2015 (data di entrata in vigore del decreto legislativo).
In sintesi, i sei mesi decorrono dalla data posteriore tra:
- data di entrata in vigore del decreto legislativo;
- data del provvedimento di concessione (delibera INPS o decreto CIGS);
- fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione.
- Una volta intervenuto il termine decadenziale come sopra illustrato, il conguaglio a credito dell’azienda non sarà più operabile né su denunce ordinarie né su flussi di regolarizzazione.
Nel caso di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa, qualora la stessa abbia richiesto un trattamento ordinario d’integrazione salariale, la sede dell’INPS territorialmente competente potrà autorizzare il pagamento diretto al lavoratore, con il connesso assegno per il nucleo familiare, ove spettante. Nel caso delle integrazioni salariali straordinarie, la competenza all’autorizzazione del pagamento diretto da parte dell’INPS rimane radicata in capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali secondo le procedure attualmente in uso.
Il pagamento diretto relativo alle integrazioni salariali ordinarie potrà essere ammesso solamente laddove vengano provate difficoltà finanziarie dell’impresa tramite la presentazione, alla competente sede INPS, della documentazione di cui all’allegato 2.
Tale modalità di erogazione delle prestazioni può essere richiesta dall’azienda anche al momento della presentazione della domanda di CIG e stabilita nello stesso provvedimento di concessione, salvo ovviamente il successivo invio della relativa modulistica (mod. SR41).
I modelli SR41 devono essere trasmessi telematicamente all’Istituto; i medesimi modelli, in forma cartacea, devono essere fatti firmare dall’azienda ai lavoratori beneficiari delle prestazioni in quanto contengono dichiarazioni di responsabilità degli stessi in merito ai dati riportati. I moduli cartacei devono essere conservati dall’azienda.
Dalla data di pubblicazione della presente circolare, nel campo data di assunzione del quadro B del suddetto modello SR41, deve essere esposta la data di ingresso del lavoratore nell’unità produttiva ai fini della verifica del requisito di cui all’art. 1 comma 2.
Il pagamento diretto Inps della cassa integrazione
Cassa integrazione pagata dall’Inps: ecco quando. Nel caso delle integrazioni salariali straordinarie, quindi la cassa integrazione straordinaria, la sede dell'INPS territorialmente competente può autorizzare il pagamento diretto da parte dell’Inps della cassa integrazione, con il connesso assegno per il nucleo familiare, ove spettante, in presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell'impresa, su espressa richiesta di questa.
Nel caso delle integrazioni salariali straordinarie, quindi la cassa integrazione straordinaria, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può autorizzare, contestualmente al trattamento di integrazione salariale, il pagamento diretto da parte dell'INPS, con il connesso assegno per il nucleo familiare, ove spettante, in presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell'impresa, fatta salva la successiva revoca nel caso in cui il servizio competente accerti l'assenza di difficoltà di ordine finanziario della stessa.
Quando l'impresa è considerata in difficoltà economica. L’attestazione delle difficoltà dell’impresa deve essere basata sull’analisi dell’indice di liquidità dell’impresa istante riferita all’anno in corso come rilevabile dalla lettura dei bilanci pur provvisori dell’ultimo anno. Detto indice di liquidità deve risultare manifestamente negativo – con valore inferiore all’unità – così come risultanete dal rapporto tra liquidità immediate e passivi correnti.
Cumulo di più periodi di cassa integrazione
Con il nuovo Decreto di riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro l’azienda ha ampia possibilità di gestire la crisi usando i diversi strumenti messi a disposizione dal Decreto stesso. Le procedure di riduzione dell’orario di lavoro (vedi contratto di solidarietà) o di sospensione dell’attività (per CIGO o CIGS) possono essere gestite anche cumulando alcuni periodi di trattamento di integrazione salariale.
La prima cosa da valutare è che il Decreto Legislativo n. 148/2015 all’art. 21, comma 6, specifica che la cassa integrazione straordinaria non può essere richiesta per le unità produttive per le quali è già stata concessa la cassa integrazione ordinaria, con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti.
Questo limite legale in realtà non è un divieto assoluto, in quanto se le causali sono diverse, ad esempio, è possibile richiedere la CIGS dopo la CIGO. E’ così che la stessa azienda potrebbe richiedere la cassa integrazione ordinaria per un reparto produttivo (si pensi alla mancanza di commesse) e la cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione aziendale su un'altra unità produttiva aziendale.
A parte questo paletto, è sempre possibile per l’azienda passare da un ammortizzatore sociale in costanza di rapporto di lavoro all’altro. Più complicato passare da un periodo di cassa integrazione straordinaria all’altro. Va valutata la presenza dei requisiti richiesti dalla legge, quindi quali sono i presupposti per richiedere l’autorizzazione alla CIGS per riorganizzazione aziendale o per crisi aziendale. Entrambe le causali vanno supportate da idonei piani aziendali da presentarsi. Per maggiori informazioni ecco l’approfondimento sulla cassa integrazione straordinaria.
Quando entra in vigore il decreto sulla cassa integrazione
Il Decreto Legislativo n. 148/2015 è entrato in vigore il 24 settembre 2015. L’art. 44, comma 1, del Decreto stesso, come confermato anche dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 24 del 5/10/2015, dispone che la nuova normativa si applica ai trattamenti di integrazione salariale richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento.
Pertanto, per i quali è stata presentata istanza a decorrere dal 24 settembre 2015, si applicano le nuove disposizioni in materia di cassa integrazione guadagni straordinaria recate dal Decreto Legislativo n. 148, non incidendo i precedenti interventi di CIGS sull’applicazione della nuova normativa, fatto salvo alcuni casi di richiesta per crisi aziendale.
Come detto, l’art. 44, comma 2, del Decreto n. 148/2015, stabilisce che, ai fini del computo delle durate massime complessive dei 24 mesi o 30 mesi nel quinquennio mobile, i trattamenti richiesti prima dell’entrata in vigore del decreto (24 settembre 2015) si computano per la sola parte del periodo autorizzato successiva a tale data.
Inoltre, l’articolo 42, comma 1, precisa ulteriormente che i trattamenti straordinari d’integrazione salariale, conseguenti a procedure di consultazione sindacale, già concluse alla data di entrata in vigore del decreto (24 settembre 2015), mantengono la durata prevista negli accordi, nei limiti di cui alle disposizioni di legge vigenti alla data delle stesse. Tuttavia, il comma 2 del medesimo articolo 42 prevede che, anche in tale ipotesi i trattamenti riguardanti periodi successivi alla entrata in vigore del decreto legislativo si computano ai fini della durata massima di cui all’art. 4.
Le medesime disposizioni innanzi illustrate si applicano ai periodi di trattamento autorizzati ai sensi dell’articolo 3 della legge 223 del 1991.
Il Ministero del lavoro nella circolare n. 24/2015 evidenzia altresì che i periodi di trattamento di integrazione salariale autorizzati per qualsiasi causale secondo la previgente normativa e conclusi prima della data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 148/2015 (24 settembre 2015) non saranno computati ai fini della durata massima prevista dall’art. 4 (24 mesi).
Infine, il Ministero rappresenta che, a norma dell’articolo 21, comma 6, l’impresa non può richiedere l’intervento straordinario di integrazione salariale (la cassa integrazione straordinaria) per le unità produttive per le quali abbia richiesto, con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti, l’intervneto ordinario (la cassa integrazione guadagni ordinaria).
Obblighi dei lavoratori cassa integrati: il patto di servizio personalizzato
I lavoratori cassaintegrati in qualità di lavoratori beneficiari di integrazioni salariali possono essere tenuti a determinati obblighi nei confronti dei centri per l’impiego, quali quello di presentarsi per stipulare il patto di servizio personalizzato.
L’art. 8 del D. Lgs. n. 148 del 2015 stabilisce: “I lavoratori beneficiari di integrazioni salariali per i quali è programmata una sospensione o riduzione superiore al 50 per cento dell'orario di lavoro, calcolato in un periodo di 12 mesi, sono soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 22 del decreto legislativo adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. E questo decreto è D. Lgs. n. 150 del 2015.
I commi 2 e 3 dell’art. 8 ripropongono le abrogate disposizioni (v. art. 46, co. 1 lett. L) di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 8 L. 160/88 e quindi, come in passato, il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. La giurisprudenza ha chiarito che il divieto di cumulo (esplicantesi secondo le varie forme dell’incumulabilità parziale o assoluta di cui alle casistiche in circ. 130/2010), si riferisce anche alle attività iniziate prima del collocamento del lavoratore in cassa integrazione.
I lavoratori che abbiano quindi una cassa integrazione superiore al 50 per cento dell'orario di lavoro, calcolato in un periodo di dodici mesi, devono essere convocati in orario compatibile con la prestazione lavorativa, dal centro per l'impiego per stipulare il patto di servizio personalizzato. Allo scopo di mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa ed in connessione con la domanda di lavoro espressa dal territorio, il patto di servizio personalizzato può essere stipulato sentito il datore di lavoro e con l'eventuale concorso dei fondi interprofessionali per la formazione continua e il lavoratore può essere avviato ad attività quali la partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro quali, in via esemplificativa, la stesura del curriculum vitae e la preparazione per sostenere colloqui di lavoro o altra iniziativa di orientamento ovvero la partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, ovvero alle attività socialmente utili.
Il lavoratore cassaintegrato di cui sopra, in caso di mancata presentazione alle convocazioni ovvero agli appuntamenti o mancata partecipazione alle iniziative di orientamento, in assenza di giustificato motivo subisce:
1) la decurtazione di un quarto di una mensilità per la prima mancata presentazione;
2) la decurtazione di una mensilità, per la seconda mancata presentazione;
3) la decadenza dalla prestazione per la ulteriore mancata presentazione.
E in caso di mancata partecipazione alle iniziative di partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione la sanzione della:
1) decurtazione di una mensilità per la prima mancata partecipazione;
2) decadenza dalla prestazione per la ulteriore mancata presentazione.
Lavoro durante la cassa integrazione. Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate.
Obbligo comunicativo in caso di nuovo lavoro durante la cassa integrazione. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell'INPS dello svolgimento dell'attività lavorativa autonoma o dipendente. Riguardo al lavoro interinale, la legge prevede che “le comunicazioni a carico dei datori di lavoro e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo, di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono valide al fine dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione di cui al presente comma”.
Maturazione tredicesima durante la cassa integrazione
La mensilità aggiuntive spettanti quali sono la tredicesima o gratifica natalizia e la quattordicesima spettano ai lavoratori sulla base di quanto disposto dal contratto collettivo CCNL applicato al rapporto di lavoro.
Ai lavoratori cassa integrati (ai dipendenti in cassa integrazione ordinaria che straordinaria) spetta comunque la maturazione dei ratei di tredicesima, gratifica natalizia e quattordicesima durante i periodi di assenza per cassa integrazione guadagni. Quindi anche se le ore lavorate si azzerano (CIG a zero ore) o si riducono (CIG parziale).
Salvo diversa disposizione contrattuale infatti, la quota parte dei ratei imputabili e riferiti alla ore di Cassa integrazione sono poste a carico dell’Inps, che quindi provvede a liquidare i ratei di mensilità aggiuntiva. L’importo corrisposto a titolo di cassa integrazione è infatti l’80% della retribuzione globale id fatto ma comprende anche la quota di retribuzione relativa alla tredicesima mensilità. Quindi l’azienda è esonerata dal pagamento della tredicesima per tutte le ore di Cassa integrazione guadagni (CIG) dell’anno. Anzi effettua una trattenuta al dipendente. Per maggiori informazioni vediamo la tredicesima durante la cassa integrazione.
Maturazione TFR durante la cassa integrazione
La normale retribuzione va computata nel TFR in caso di CIGO o CIGS. Il comma 3 dell’art. 2120 del codice civile stabilisce che “In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause di cui all'art. 2110 (infortunio, malattia, gravidanza, puerperio), nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale (quindi appunto la cassa integrazione guadagni), deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma (ossia la retribuzione imponibile ai fini TFR) l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro”.
Quindi in caso di cassa integrazione sia ordinaria che straordinaria, c’è il computo del TFR considerando la retribuzione come se il lavoratore avesse svolto il normale orario di lavoro.
La retribuzione da prendere come base per il calcolo del trattamento di fine rapporto è pari alla retribuzione equivalente a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
Nel caso in cui il lavoratore, al termine della cassa integrazione, viene rioccupato il trattamento resta a carico del datore di lavoro. Viceversa, è posto a carico della CIG se il lavoratore viene licenziato, al termine del periodo di sospensione. Lo ha stabilito una sentenza della Cassazione del 2003.
I lavoratori dipendenti del settore privato non possono richiedere un’anticipazione del TFR durante la cassa integrazione guadagni. Infatti, proprio per la crisi aziendale in cui si trova il datore di lavoro che ricorre alla cassa integrazione è previsto dalla legge che non sono tenute all’anticipazione le aziende dichiarate in crisi ai sensi della legge n. 75 del 1977.
Per ulteriori informazioni, è possibile leggere l’approfondimento sulla maturazione del TFR durante la cassa integrazione.
Ferie durante cassa integrazione
Vediamo ora il rapporto tra le ferie e CIG o CIGS. Dalla maturazione delle ferie al diritto al godimento delle ferie durante i periodi di cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria.
Maturazione ferie durante la cassa integrazione. Le ferie hanno una funzione costituzionalmente garantita, ossia consentire al lavoratore il recupero delle energie psicofisiche impiegate dal lavoratore nell’assolvimento dell’attività lavorativa (e per questo non è consentita la monetizzazione delle ferie ma anzi, il diritto alle ferie è un diritto irrinunciabile).
Per questo la maturazione delle ferie è connessa all’effettività della prestazione lavorativa, alla quale, come abbiamo visto, sono connesse anche le assenze da lavoro previste per legge o per contratto collettivo, anche aziendale.
CIG a zero ore: niente ferie maturate. Se la cassa integrazione è a zero ore lavorate (la cosiddetta CIG a zero ore), il lavoratore è assente totalmente da lavoro e quindi le ferie non maturano, ovviamente nel periodo in cui c’è la totale sospensione dall’attività lavorativa (durante la cassa integrazione a zero ore).
I contratti collettivi possono stabilire che il diritto alle ferie maturi anche con riguardo a periodi del rapporto di lavoro durante i quali non vi sia stata effettiva prestazione di attività lavorativa. Pertanto è bene controllare il proprio CCNL di riferimento o il contratto aziendale, se esistente.
Quando spettano le ferie retribuite ai cassaintegrati. Se invece la cassa integrazione è parziale, ossia il lavoratore cassaintegrato svolge comunque un orario di lavoro ridotto, la Suprema Corte con la sentenza n. 3603 del 1986 ha stabilito un principio di diritto secondo il quale il beneficio al godimento delle ferie, presupponendo l’oggettiva esigenza del recupero delle energie psicofisiche spese nell’effettiva prestazione lavorativa, non è suscettibile di riduzione proporzionale. Al lavoratore in cassa integrazione quindi spetta il diritto alle ferie retribuite secondo contratto o CCNL ed il relativo importo è proporzionalmente a carico del datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata, mentre è a carico della Cassa integrazione per la parte corrispondente alla riduzione di orario.
Cassa integrazione a rotazione. Quando la sospensione settimanale è effettuata con una rotazione settimanale o bisettimanale tra diversi lavoratori, la maturazione delle ferie dipende anche dall’accordo sindacale stipulato che potrebbe aver previsto la maturazione dell’intero rateo mensile delle ferie ove la prestazione avvenga per un periodo superiore alla metà del mese medesimo (quindi superiore a 15 giorni lavorati).
Godimento delle ferie durante la cassa integrazione: la CIG zero ore rinvia la fruizione. Le aziende con lavoratori in cassa integrazione possono rinviare le ferie in caso di CIG a zero ore lavorate, con la CIG con orario di lavoro parziale invece no. A sancirlo è il Ministero del Lavoro in un interpello.
E’ stato trattato un caso importante che può capitare. Nell’interpello n. 19 del 2011 è stato chiesto chiarimento sull’ammissibilità alla fruizione immediata degli ammortizzatori sociali (cioè ammissione al trattamento della cassa integrazione ordinaria, straordinaria ed in deroga) da parte delle aziende, anche in presenza di ferie non godute da parte dei lavoratori dell’azienda, e sulla possibilità di posticipare la fruizione delle ferie stesse.
E l’attenzione è focalizzata sulle ferie “obbligatorie”, quelle previste dall’art. 10 del Decreto legislativo n. 66 del 2003. E soprattutto sulla possibilità di posticipare il periodo di ferie di due settimane da fruire entro l’anno. Ed anche sulla possibilità di posticipare di conseguenza il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi alle ferie non godute nei 18 mesi.
L’art. 10 del D. Lgs. 66/2003 stabilisce che, “fermo restando quanto previsto dall’art.2109 c.c., il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva (…) va goduto per almeno due settimane consecutive, in caso di richiesta del lavoratore nel corso dell’anno di maturazione e per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”.
La risposta del Ministero del Lavoro con l’interpello n. 19/2011. Il Ministero del Lavoro ha risposto facendo una distinzione tra CIG a zero ore, quindi senza alcuna prestazione lavorativa da parte dei lavoratori, e CIG parziale, quindi con ore lavorate da parte dei lavoratori.
CIG ZERO ORE RINVIA LE FERIE. Il Ministero sulla sospensione dell’attività o CIG a zero ore: “in caso di sospensione totale dell’attività lavorativa, ovvero nell’ipotesi di CIG a zero ore, non sembra sussistere il presupposto della necessità di recuperare le energie psicofisiche cui è preordinato il diritto alle ferie. Si può sostenere, pertanto… che l’esercizio del diritto in questione, sia con riferimento alle ferie già maturate sia riguardo a quelle infra – annuali in corso di maturazione, possa essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo coincidente con la ripresa dell’attività produttiva”.
Questa interpretazione è in linea con la circolare n. 8/2005 dello stesso Ministero dove si precisava che “costituiscono ipotesi oggettive derogatorie all’ordinaria modalità di fruizione delle ferie i casi di sospensione del rapporto di lavoro, ovvero forme di protratta inattività quali ad esempio la maternità obbligatoria e facoltativa, l’infortunio, l’aspettativa, gli interventi a sostegno del reddito ordinari e straordinari”.
Quindi il Ministero ritiene l’ammissione alla cassa integrazione a zero ore una delle ipotesi oggettive che autorizzano la deroga in materia di fruizione delle ferie. Si ricorda che, fermo restano gli obblighi di comunicazione ai lavoratori, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2109 del codice civile, ha il potere di stabilire il momento di godimento delle ferie, tenendo conto sia degli interessi del lavoratore, sia delle esigenze dell’impresa. Per maggiori dettagli, vi rimandiamo all’approfondimento su chi decide la fruizione delle ferie.
CIG PARZIALE NESSUN RINVIO DELLE FERIE. Il Ministero, invece, risponde negativamente sulla CIG parziale (cioè quando i lavoratori effettuano delle ore di lavoro): “Si ritiene, altresì, che le necessità imprenditoriali potrebbero non giustificare, invece, un eventuale differimento di concessione delle ferie, residue ed infra-annuali, nelle ipotesi di CIG parziale. Ciò in quanto, in tali circostanze, deve comunque essere garantito al lavoratore il ristoro psico-fisico correlato all’attività svolta, anche in misura ridotta. Il rispetto del sopra indicato principio costituisce, infatti, presupposto imprescindibile di ogni eventuale accordo contrattuale e/o sindacale finalizzato alla richiesta di forme di sostegno del reddito, pena l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dalle norme vigenti”.
RINVIO CONTRIBUZIONE INPS. Il Ministero del lavoro sul quesito relativo alla possibilità di posticipare il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi alle ferie non godute nei 18 mesi, in caso di intervenuta Cassa Integrazione nei 18 mesi, risponde positivamente: “Come chiarito dall’INPS con messaggio n. 18850/2006, che possono verificare ipotesi peculiari di interruzione temporanea della prestazione di lavoro per cause previste da norme di legge, ad esempio la malattia, la maternità, nonché la concessione di CIGO, CIGS e CIG in deroga.
In questi casi, qualora l’evento sospensivo intervenga nel corso dei diciotto mesi di cui sopra, il termine per l’adempimento dell’obbligazione contributiva è da ritenersi sospeso per un periodo di durata pari a quello del legittimo impedimento, tornando a decorrere dal giorno in cui il lavoratore riprende l’ordinaria attività lavorativa”.
Permessi ROL, ex festività durante la cassa integrazione
Allo stesso trattamento delle ferie di cui sopra è sottoposta la maturazione dei ratei attinenti ai permessi retribuiti per riduzione dell’orario di lavoro e per ex festività retribuite (le cosiddette 32 ore annui).
Ai lavoratori infatti spettano ogni anno il pagamento di 32 ore di ex festività in busta paga. Per il 2015 le festività soppresse sono San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini, SS Pietro e Paolo e l’Unità nazionale. Per la maggior parte dei CCNL vengono retribuite attraverso dei permessi. Le ore di ex festività quindi maturano durante la cassa integrazione, tranne la CIG a zero ore.
I permessi per riduzione di orario di lavoro (ROL) consentono al lavoratore di astenersi dalla prestazione lavorativa, senza subire alcuna decurtazione nell’entità della retribuzione. Sono quindi ore di permessi retribuiti. La riduzione infatti si attua mediante la concessione di permessi orari (per alcuni CCNL si tratta di 72 ore annue, per altri di 60 ore annue). Queste ore di permessi maturano quindi anche durante la cassa integrazione, tranne il caso della CIG a zero ore.
Cassa integrazione e assegni familiari
Ai lavoratori beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori a orario normale, l'assegno per il nucleo familiare. Quindi il lavoratore cassaintegrato ha i medesimi diritti del lavoratore non posto a cassa integrazione in materia di assegni familiari. Al lavoratore sarà corrisposto l’importo mensile dell’ANF secondo le apposite tabelle pubblicate ogni anno dall’Inps.
Malattia durante la cassa integrazione
Il trattamento di integrazione salariale, sia cassa integrazione guadagni ordinaria che straordinaria, sostituisce in caso di malattia l'indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista. Ciò è stabilito dall’art. 3 della legge n. 464 del 1972.
Malattia e CIG a zero ore. Nella prassi, l’Inps, nella circostanza in cui l’attività lavorativa sia completamente interrotta per l’intervento dell’ammortizzatore, il lavoratore, all’insorgenza della malattia, continuerà ad usufruire dell’integrazione salariale straordinaria, tanto che essendo completamente sospesa la prestazione non dovrà nemmeno comunicare lo stato patologico all’Inps.
Cassa integrazione: quando prevale l’indennità di malattia. Se invece c’è attività lavorativa parziale, ossia una cassa integrazione con delle ore lavorate durante il mese, il trattamento di malattia sulla prestazione Cigs, con eventuale integrazione aziendale ove previsto dalla contrattazione collettiva.
Malattia prima della cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Nel caso in cui lo stato di malattia sia antecedente all’inizio della sospensione dell’attività lavorativa per Cigs, occorre verificare il complessivo andamento occupazionale degli addetti all’attività lavorativa, registrandosi due distinti casi, in ragione dei quali il lavoratore:
avrà diritto alla Cigs, nella circostanza in cui l’intera compagine dei dipendenti in forza nell’ufficio, reparto, squadra o simili cui egli appartiene abbia sospeso l’attività: in tal caso sarà posto in Cassa integrazione sin dall’inizio dell’intervento;manterrà il diritto all’indennità di malattia, ove prevista, qualora non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza nell’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene.
Questi principi sono applicabili anche in coincidenza tra stato di malattia e Cassa integrazione ordinaria in ragione dell’intervento della giurisprudenza di Cassazione.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte “le indiscutibili differenze tra Cassa integrazione straordinaria e ordinaria non escludono, che quando l’attività produttiva è già totalmente sospesa per intervento della Cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria, ed il lavoratore usufruisce del relativo trattamento, la malattia non può determinare quella sospensione del rapporto cui l’indennità di malattia è correlata; mentre, nel caso inverso, e cioè in quello di malattia in atto alla data d’intervento della Cassa integrazione (se ovviamente richiesta anche per il lavoratore ammalato), la sostituzione dell’integrazione salariale all’indennità giornaliera contrattualmente integrata è pienamente giustificata dal principio che, a norma dell’art. 2110 c.c. non può competere al lavoratore ammalato più di quanto è riconosciuto al lavoratore in servizio”.
Quindi nel caso d’insorgenza della malattia durante un periodo di Cassa integrazione ordinaria, si applicheranno gli stessi criteri previsti per la malattia durante la CIGS.
CIG e malattia. L’art. 3, comma 7 del Decreto della riforma stabilisce espressamente il principio di prevalenza della CIG sulla malattia.
La circolare Inps n. 197 del 2 dicembre 2015:
In considerazione delle diverse fattispecie che in concreto possono verificarsi si ritiene di poter confermare quanto già disciplinato in via amministrativa dall’Istituto e che di seguito si riporta.
Se durante la sospensione dal lavoro (cassa integrazione a 0 ore) insorge lo stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali: l’attività lavorativa è infatti totalmente sospesa, non c’è obbligo di prestazione da parte del lavoratore, che non dovrà quindi nemmeno comunicare lo stato di malattia e continuerà a percepire le integrazioni salariali.
Qualora lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa si avranno due casi:
- se la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in CIG dalla data di inizio della stessa;
- qualora, invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione.
Se l’intervento di cassa integrazione è relativo ad una contrazione dell’attività lavorativa, quindi riguarda dipendenti lavoranti ad orario ridotto, prevale l’indennità economica di malattia.
Infortunio e malattia professionale durante la cassa integrazione
Gli eventi di infortunio sul lavoro e malattia professionale hanno, in ogni caso, la preminenza sull’integrazione salariale, quindi sulla cassa integrazione guadagni.
Pertanto ove tali eventi avessero avuto inizio prima dell’intervento della Cassa integrazione, sarebbe corrisposta al dipendente, per tutto il periodo di prognosi, l’indennità di inabilità temporanea con integrazione a carico del datore di lavoro, ove dovuta.
Se invece l’evento di infortunio o malattia professionale è avvenuto durante un periodo di riduzione d’orario per intervento di Cassa integrazione (ivi compreso il caso di ricaduta), verrebbe sospeso il trattamento d’integrazione salariale e sostituito dall’indennità Inail, tuttavia con integrazione a carico del datore di lavoro fino al raggiungimento dell’importo d’integrazione salariale.
Maternità durante la cassa integrazione
L’art. 54 del Testo Unico sulla maternità e paternità, il D. Lgs. n. 151 del 2011, al comma 4 prevede che “durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale”. E’ quindi previsto un divieto assoluto di porre la lavoratrice incinta futura madre in cassa integrazione, dall’inizio del periodo di gravidanza e fino al primo anno di età del bambino.
Ma c’è una eccezione, ossia è fatta salva la circostanza in cui sia sospesa l’intera attività aziendale o del reparto funzionalmente autonomo.
Alla lavoratrice in questione quindi sarà quindi erogata l’indennità di maternità, che viene percepita anche in uno specifico caso previsto dall’art. 24, comma 6, sempre del D. Lgs n. 151 del 2001, ossia nella circostanza in cui “la lavoratrice, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovasse, all’inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni”.
L’Inps ha precisato nelle circolari n. 625/1980 e n. 152/1990, che l’indennità di maternità prevale quindi sulla cassa integrazione guadagni essendo un trattamento economico e previdenziale più favorevole.
Congedo parentale durante la cassa integrazione
Sempre riguardo alla tutela della genitorialità e della conciliazione dei tempi di lavoro, ma in termini opposti rispetto a quanto previsto dalla normativa in caso di maternità durante la cassa integrazione, la lavoratrice od il lavoratore che, successivamente all’astensione obbligatoria da lavoro (i cinque mesi, di cui generalmente due mesi prima del parto e tre mesi dopo il parto) si astengano dal lavoro per congedo parentale (ex astensione facoltativa) con diritto all’indennità Inps al 30% in costanza di un periodo di Cassa integrazione percepiranno in questo caso il trattamento di integrazione salariale (quindi la cassa integrazione ordinaria o straordinaria, che ricordiamo è un’indennità Inps calcolata all’80%), non cumulabile con il congedo de quo e più favorevole.
Ove il congedo parentale avesse avuto inizio prima dell’intervento dell’ammortizzatore, esso potrebbe essere validamente interrotto con accesso alla Cassa.
Riposi per allattamento e cassa integrazione
Sempre in periodo di maternità, la lavoratrice madre può beneficiare dei riposi per allattamento, sempre previsti dall’art. 39 del Decreto Legislativo n. 151 del 2011. Il riconoscimento dei riposi per allattamento durante la cassa integrazione guadagni è però condizionato alla riduzione dell’orario, non spettando in caso di sospensione del rapporto anche con riferimento alla singola giornata.
Essi saranno pertanto corrisposti unicamente per le giornate di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa con la particolarità che sarà concessa una sola ora di riposo quando la prestazione sia inferiore a sei ore. Quando generalmente è possibile richiedere due ore. Per maggiori informazioni vediamo i riposi per allattamento.
Festività e CIG
I lavoratori hanno diritto, nell’anno lavorativo, per legge ad alcune giornate di festività retribuite. Si tratta delle festività nazionali ed infrasettimanali, specificamente indicate dalla legge (esattamente Legge 27 maggio 1949 n. 260, dalla Legge 5 marzo 1977 n. 54 e dal D.P.R. 28 dicembre 195 n. 792). Ma cosa succede se il lavoratore è assente perché cassa integrato? Chi paga le festività tra datore di lavoro e Inps? Vediamo il rapporto tra CIG e Festività.
Le festività durante la cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, vengono retribuite in maniera differente se trattasi di lavoratori retribuiti in maniera fissa (come gli impiegati) oppure di lavoratori retribuiti ad ore (come gli operai). Ecco chi paga le festività ai lavoratori cassa integrati, vediamo l’approfondimento tra CIG e Festività.
Permessi legge 104/1992 e cassa integrazione
In caso di sospensione totale dell’attività lavorativa, quindi in caso di cassa integrazione guadagni a zero ore, il lavoratore non ha diritto ai permessi retribuiti di cui alla legge n. 104/1992 per lavoratori portatori fi handicap o assistenza familiari disabili.
Se invece la sospensione è parziale, ossia è prevista la cassa integrazione con riduzione delle ore lavorate, ma comunque con la presenza di ore lavorate, il Ministero del Lavoro nell’interpello n. 46 del 2008 ha stabilito che dovrà essere operato un riproporzionamento dei giorni di permesso in linea con quanto espresso dall’Inps con la circolare n. 128/2003, secondo la quale “per ogni 10 giorni di assistenza continuativa, spetta al richiedente un giorno di permesso ex lege n. 104/1992. L’applicazione del criterio in questione comporta pertanto che quando l’assistenza sia inferiore a 10 giorni continuativi non dà diritto a nessuna giornata o frazione di essa. Anche per i periodi superiori a 10 giorni (ad esempio 19) ma inferiori a 20 spetterà un solo giorno di permesso”.
Nel caso di fruizione di permessi ad ore, non si procede al suddetto ridimensionamento essendo i permessi ad ore legati alla singola giornata di fruizione.
Congedo straordinario e cassa integrazione
L’art. 42, comma 5, del Decreto Legislativo n. 151 del 2001 prevede la concessione di un congedo straordinario per gravi motivi familiari. Si tratta dei riposi per figli con handicap grave. Secondo tale articolo “La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge medesima da almeno cinque anni e che abbiano titolo a fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 1, 2 e 3, della medesima legge per l'assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta”.
Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.
Il congedo fruito alternativamente da entrambi i genitori non può superare la durata complessiva di due anni.
Chiarita la normativa sul congedo straordinario per motivi familiari, in relazione al rapporto tra tale congedo e la cassa integrazione il chiarimento arriva con l’interpello n. 70/2009 del Ministero del Lavoro.
Secondo il Ministero, il presupposto ineludibile per la fruizione del congedo è lo svolgimento dell’attività lavorativa in quanto, secondo il presupposto normativo, la sospensione totale dell’attività lavorativa con intervento della Cassa integrazione consentirebbe ex se di assolvere alle funzioni di cura ed assistenza.
Nella circostanza della sospensione totale del rapporto di lavoro (cassa integrazione CIG a zero ore), non risulta pertanto possibile avanzare la richiesta del congedo.
La richiesta di congedo straordinario per gravi motivi familiari è invece ammissibile nell’ipotesi in cui la domanda sia stata presentata prima che l’azienda abbia disposto il collocamento in Cig a zero ore del personale dipendente.
Secondo il Ministero, la presentazione della domanda di congedo prima di un periodo di Cassa, sia ridotta che a zero ore, consente al lavoratore la fruizione del congedo straordinario con l’erogazione dell’indennità prevista dall’art. 42, comma 5. In questa circostanza il lavoratore non sarà interessato dalla sospensione dell’attività lavorativa o dalla riduzione d’orario per CIG e non percepirà il contributo integrativo previsto per l’ammortizzatore.
Secondo il Ministero per calcolare la misura dell’indennità per il congedo straordinario diviene necessario fare riferimento al principio della parametrazione sulla retribuzione corrisposta in funzione dell’effettiva prestazione lavorativa, così come del resto avviene anche nelle ipotesi di prestazione part time.
Nel caso di presentazione della domanda durante la sospensione parziale dell’attività lavorativa con intervento delle integrazioni salariali, il lavoratore continua a percepire il trattamento di integrazione salariale per le ore di Cig, unitamente all’indennità per il congedo straordinario e la relativa indennità deve essere calcolata con riferimento all’ultima retribuzione percepita al netto del trattamento integrativo.
Richiesta congedo matrimoniale durante la cassa integrazione
Il lavoratore o la lavoratrice che intende sposarsi può fare regolarmente richiesta del congedo matrimoniale, anche durante i periodi di cassa integrazione guadagni. Non spetta alcun trattamento d’integrazione salariale (quindi non spetta la cassa integrazione ordinaria o straordinaria) nella circostanza in cui il lavoratore contragga matrimonio essendo prioritario il trattamento per congedo matrimoniale.
Il congedo matrimoniale, lo ricordiamo, prevede, in occasione del matrimonio, la concessione, in via generale, di due settimane di astensione dal lavoro che permangono per gli impiegati integralmente a carico del datore di lavoro e, per gli operai, sono poste a carico dell’Inps per sette giorni.
A questo proposito l’Inps nella circolare n. 248 del 1992 ha stabilito che bisogna escludere l’intervento della Cassa integrazione per mancanza dei presupposti che ne legittimano l’erogazione, in quanto, in caso di assenza per contrarre matrimonio, la causa della mancata prestazione di lavoro è da ricondurre alla sfera decisionale del lavoratore e non ad una motivazione ricollegabile ad eventi attinenti alla situazione aziendale legittimanti i provvedimenti di concessione dell’integrazione salariale, sia in regime ordinario che straordinario.
Donazione di sangue durante la cassa integrazione
Al lavoratore che, durante un periodo di Cassa integrazione con sospensione o riduzione di attività, si sottoponga a donazione di sangue, al ricorrere delle condizioni di legge, è dovuto il trattamento economico a carico dell’Inps, previo conguaglio, previsto dall’art. 8 della legge n. 219/2005, secondo il quale “i donatori di sangue e di emocomponenti con rapporto di lavoro dipendente, ovvero interessati dalle tipologie contrattuali di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l’intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l’intera giornata lavorativa. I relativi contributi previdenziali sono accreditati ai sensi dell’articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155”.