Esercizi commerciali senza limiti in termini di rispetto gli orari di apertura e chiusura, senza l’obbligo di chiusura domenica e festiva e senza l’obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio. Sono queste le modifiche sostanziali del Decreto Salva Italia del Governo Monti che hanno cambiato la gestione dell’orario di lavoro degli esercizi commerciali ed hanno cambiato la gestione del lavoro domenicale per tantissimi lavoratori italiani dal 2012 ad oggi.
Orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali stabiliti per legge, obblighi di chiusura domenicale e festiva, esclusione dagli obblighi di chiusura delle festività nazionali e infrasettimanali, sono queste anche l’oggetto del disegno di legge presentato dal M5S e altri nel 2015 e ora riproposto dal Ministro del Lavoro Di Maio e riguardante la “Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali” e che impattano in maniera diretta sul lavoro domenicale dei lavoratori italiani.
Per capire bene tutti gli scenari che impattano sul futuro dei lavoratori degli esercizi commerciali, occorre analizzare cosa prevede la normativa col Decreto Salva Italia del Governo Monti, cosa prevede la legge in termini di lavoro domenicale e di lavoro festivo, quali sono le proposte del Governo Di Maio Salvini e quindi cosa potrebbe cambiare per i lavoratori. Vediamo tutti questi aspetti.
Lavoro domenicale: cosa è cambiato con il Decreto Salva Italia del Governo Monti
La data del cambiamento è il ° gennaio 2012. Il Decreto Salva Italia che ha introdotto la liberalizzazione degli esercizi commerciali è il Decreto Legge n. 214 del 2011. Cosa ha modificato?
Il salva-Italia ha liberalizzato gli orari di apertura dei negozi. Tutti i vincoli esistenti fino al 2011 sono stati eliminati, quindi furono eliminate:
- la limitazione dell’estensione del nastro orario giornaliero di apertura (13 ore di apertura);
- l’obbligo di mezza giornata di chiusura infrasettimanale;
- l’obbligo di chiusura nei giorni festivi per i quali non sia prevista una specifica deroga.
Tecnicamente il Governo Monti ha cancellato, in maniera sostanziale, la parte dell’art. 3, comma 1, lettera d-bis, del Decreto n. 248/2006 che prevedeva il non rispetto di orari di aperture e di chiusura, il non rispetto dell’obbligo di chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio, ma quando quest’ultimo era “ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turisitiche o città d’arte”.
Il Governo Monti tolse il riferimento ai soli comuni turistici o di città d’arte, per estendere la cancellazione di qualsiasi vincolo a tutti gli esercizi commerciali e giustificò la liberalizzazione da vincoli legati all’orario di lavoro nel comma 2 dell’art. 31 prevedendo appunto che “Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, liberta' di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali”.
L’intervento di liberalizzazione, che più ha colpito l’opinione pubblica, riguarda gli orari, che sono stati lasciati senza eccezioni a discrezione delle imprese.
Nel Decreto Salva Italia furono inserite per le attività commerciali alcuni principi generali a salvaguardia della concorrenza quali ad esempio la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi natura.
Gli unici vincoli, secondo la legge, sarebbero stati quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi compreso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.
Proprio la tutela della salute dei lavoratori, il rispetto della normativa sull’orario di lavoro, il rispetto del contratto collettivo laddove prevede il diritto al riconoscimento in favore del lavoratore di una retribuzione oraria con maggiorazione per lavoro domenicale, o anche per il lavoro festivo, hanno portato il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio a dichiarare di voler revisionare la normativa sul lavoro domenicale ( e non solo) approvando una reintroduzione dei vincoli di orario e di chiusura degli esercizi commerciali nel weekend.
Il lavoro domenicale e il riposo settimanale secondo la legge
La situazione normativa italiana consente ai datori di lavoro un sostanziale utilizzo del lavoro domenicale, quindi della domenica, come un qualsiasi giorno in cui è possibile effettuare la prestazione lavorativa.
L’articolo 36 della Costituzione tutela il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità (in primis il numero di ore lavorate) e alla qualità del suo lavoro. E obbliga il legislatore a fissare una durata massima della giornata lavorativa (48 ore settimanali, almeno 11 ore di riposo giornaliero).
Lo stesso articolo 36 stabilisce che il lavoratore ha diritto al riposo settimanale, oltre che a ferie annuali retribuite. L’articolo 2109 del codice civile stabilisce che, di regola, il riposo settimanale dovrebbe coincidere con la domenica.
Non solo, il lavoratore ha diritto ogni 7 giorni ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, sempre di regola coincidente con la domenica, e da cumulare con le ore di riposo giornaliero.
Chi viola la normativa sui riposi va ovviamente incontro a sanzioni amministrative. Non solo, il lavoratore può procedere, in alcuni casi, nella richiesta del risarcimento del danno laddove non gli venga concesso un riposo compensativo.
Il riposo settimanale è da calcolare come media in un periodo non superiore a 14 giorni e può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica in una serie di casi, tra i quali i “servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità”.
Il Ministero del Lavoro con l’interpello n. 60 del 2009 che l’individuazione di un giorno di riposo settimanale diverso dalla domenica non deve contrastare con il principio della periodicità del riposo stesso, secondo il quale occorre osservare, mediamente, un giorno di riposo ogni 6 giorni di lavoro nell’arco temporale (14 giorni) di riferimento in base al quale calcolare tale media.
Con l’introduzione della liberalizzazione dell’orario di apertura e chiusura negli esercizi commerciali e dell’orario di lavoro del Decreto Salva Italia del Governo Monti, è stato di fatto liberalizzato l’utilizzo dei lavoratori nella giornata della domenica nel settore commercio.
Del resto lo stesso Decreto Legislativo 66 del 2003, sempre in rispetto dei principi costituzionali, consente di fissare il riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive in un giorno diverso dalla domenica per quelle attività il cui funzionamento domenicale derivi da esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità.
La contrattazione collettiva (il CCNL) poi prevede una serie di regolamentazioni di settore e spesso viene demandato il tutto alla contrattazione di secondo livello (contratto aziendale).
Nel contratto commercio esiste una apposita normativa sul riposo settimanale e sul lavoro durante il riposo settimanale. Anche ai lavoratori del settore commercio spetta il diritto al riposo settimanale, pari ad almeno 24 ore consecutive e normalmente coincidente con la domenica. Il contratto collettivo, CCNL Terziario Confcommercio, prevede delle deroghe e il diritto alla retribuzione con maggiorazione del 30% per i lavoratori che lavorano durante il riposo settimanale. Se il datore di lavoro abusa, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno. Ecco l’approfondimento sul riposo settimanale nel commercio.
Laddove però il datore di lavoro non impieghi il lavoratore durante il riposo settimanale, ma semplicemente il riposo settimanale sia fissato, nel contratto di lavoro o nel contratto aziendale, in un giorno di verso dalla domenica, il lavoratore non può rifiutarsi di lavorare la domenica (in realtà non può neanche rifiutarsi di lavorare durante il giorno di riposo settimanale, salvo il diritto alle maggiorazioni retributive).
L’art. 141 del CCNL del settore commercio prevede, tra l’altro, che i lavoratori che hanno il contratto di lavoro con il riposo settimanale normalmente coincidente con la domenica, sono tenuti a prestare il lavoro domenicale. In questo caso il datore di lavoro ha la facoltà di organizzare “lo svolgimento dell'attività lavorativa nella misura complessiva pari alla somma delle domeniche di apertura originariamente previste dal D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e del 30% delle ulteriori aperture domenicali previste a livello territoriale. Non saranno tenuti ad assicurare le prestazioni di cui al presente comma i lavoratori rientranti nei casi sotto elencati:
- le madri, o i padri affidatari, di bambini di età fino a 3 anni;
- i lavoratori che assistono portatori di handicap conviventi o persone non autosufficienti titolari di assegno di accompagnamento conviventi”.
Però viene previsto che altre ipotesi potranno essere concordate al secondo livello di contrattazione (contratto di lavoro aziendale, spesso utilizzato dalle grandi imprese della distribuzione e del settore del commercio).
La retribuzione del lavoro domenicale
Al lavoratore, che viene comandato dal datore di lavoro a lavorare la domenica, ovviamente nel nel rispetto della legislazione nazionale e della contrattazione nazionale, territoriale e aziendale, spetta il pagamento della retribuzione oraria per le ore di lavoro domenicale prestato, con le maggiorazioni retributive previste dal CCNL o dal contratto individuale o aziendale stipulato. Lo stesso lavoratore non può quindi legittimamente rifiutare di rendere le proprie mansioni lavorative.
L’articolo 141 del contratto commercio prevede una maggiorazione per lavoro domenicale del 30% sulla quota oraria della normale retribuzione e per ogni ora prestata la domenica. La maggiorazione è omnicomprensiva e non cumulabile. Lo stesso CCNL prevede delle deroghe affidate alla contrattazione integrativa territoriale o aziendale, ma sempre per trattamenti economici di miglior favore.
Lavoro festivo
Il lavoro domenicale non va confuso con il lavoro festivo, che è il lavoro prestato durante una delle festività civili nazionali e infrasettimanali previste dalla legge. Si tratta di tutte quelle festività segnate in rosso sul calendario (Capodanno, Pasqua, Pasquetta, Natale, Ferragosto, 1 maggio, 2 giugno, ecc.).
Se per il lavoro domenicale, anche in riferimento alla liberalizzazione del Governo Monti per gli esercizi commerciali, sostanzialmente la normativa prevede la possibilità di spostare il riposo settimanale in un giorno di verso dalla domenica e quindi la libertà di impiegare i lavoratori con lavoro domenicale, per quanto riguarda il lavoro festivo, vi sono maggiori diritti di godimento della festività da parte dei lavoratori. Almeno in teoria.
La Corte di Cassazione si è pronunciata più volte nei contenziosi che hanno riguardato l’esistenza o meno di un diritto a non prestare l’attività lavorativa nei giorni festivi.
Il lavoro festivo non è obbligatorio. E’ sempre necessario il consenso del lavoratore, il quale ha un diritto assoluto di astensione al lavoro durante le festività. Lo ha stabilito la Cassazione che ha condannato un datore di lavoro che aveva irrogato una sanzione disciplinare ad una lavoratrice che si era rifiutata di lavorare durante le festività natalizie. Ecco l'approfondimento sul lavoro festivo non obbligatorio.
Il lavoratore ha diritto a non lavorare nella festività infrasettimanale e a non vedersi detrarre alcunché dalla normale retribuzione, dal momento che l’assenza dal lavoro risponde all’esercizio di un diritto soggettivo e in nessun caso un accordo aziendale può comportare il venir meno di un diritto già acquisito dal singolo lavoratore, come il diritto al riposo nelle festività infrasettimanali, non trattandosi infatti di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali.
I lavoratori del contratto commercio hanno diritto a godere delle festività nazionali e infrasettimanali. L’eventuale lavoro festivo, che non è obbligatorio, prestato nel commercio dà diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria del 30%, anche in caso di part-time. Ma in caso di lavoro supplementare festivo o lavoro straordinario festivo notturno può spettare una maggiorazione superiore. Ecco l'approfondimento sul lavoro festivo nel commercio.
Lavoro domenicale e festivo: la proposta del M5S
Come abbiamo visto affrontando la normativa sul lavoro domenicale e festivo, così come la normativa sulla liberalizzazione dell'orario di apertura e chiusura, orario di lavoro e lavoro domenicale e festivo del Decreto Salva Italia del Governo Monti, che vi sono una serie di paletti riguardo ai riposi giornalieri e settimanali, ma che sostanzialmente nel settore del commercio, ed anche nei pubblici esercizi, vi è un ordinario ricorso al lavoro domenicale da parte dei datori di lavoro.
In molti casi, però, con lo sfruttamento dei lavoratori, che prestano la propria attività lavorativa oltre i limiti di orario o comunque con lavoro straordinario, domenicale e festivo di fatto non pagato adeguatamente.
Affrontiamo ora la proposta di riforma del Movimento 5 stelle, almeno per quanto riguarda il disegno di legge presentato nel 2015.
Attualmente, dopo la liberalizzazione voluta dal Governo Monti, leggendo l’art. 3 del D. L. 223/2006 modificato dal Decreto Salva Italia, “le attivita' commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:
d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche' quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio”. E' questa la normativa attuale.
Laddove venisse approvato il disegno di legge, che ora vediamo, la liberalizzazione verrebbe parzialmente tagliata laddove venisse approvato il disegno di legge presentato dal Movimento 5 Stelle nel 2015. La proposta era e probabilmente è attualmente quella di sostituire la lettera d-bis) con la seguente:
«d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio nonché quello di chiusura domenicale e festiva, ad eccezione dei seguenti giorni:
1) il 1º gennaio, primo giorno dell'anno;
2) il 6 gennaio, festa dell'Epifania;
3) il 25 aprile, anniversario della Liberazione;
4) la domenica di Pasqua;
5) il lunedì dopo Pasqua;
6) il 1º maggio, festa del lavoro;
7) il 2 giugno, festa della Repubblica;
8) il 15 agosto, festa dell'Assunzione della beata Vergine Maria;
9) il 1º novembre, festa di Ognissanti;
10) l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione;
11) il 25 dicembre, festa di Natale;
12) il 26 dicembre, festa di santo Stefano»;
Cosa vorrebbe dire? Che gli esercizi commerciali non devono rispettare gli orari di chiusura e di apertura, né l’obbligo di chiusura domenicale e festiva, ma ad esclusione delle date afferenti le festività nazionali e infrasettimanali sopra elencate.
In sostanza, vi sarebbe un obbligo di chiusura degli esercizi commerciali nelle festività, quindi un divieto di lavoro festivo.
Ma vi sarebbe una deroga fino a sei giornate di lavoro festivo concesse e l’esclusione dal limite di alcune attività importanti quali tutte le attività che somministrano alimenti e bevante ((bar, ristoranti, pub, pizzerie, ecc., che giustamente intensificano il loro lavoro nel weekend e nei festivi).
Sarebbe infatti inserito un comma 1-bis alla legge di questo tenore:
“«1-bis. Ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio può liberamente derogare alle disposizioni di cui al comma 1, lettera d-bis), fino ad un massimo di sei giorni di chiusura obbligatoria, dandone preventiva comunicazione al comune competente per territorio secondo termini e modalità stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
1-ter. Le tipologie di attività di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e le attività di somministrazione di alimenti e bevande non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva»”.
Le attività escluse dall’obbligo sarebbero, oltre a tutti gli esercizi commerciali che somministrano alimenti e bevande (bar, ristoranti, pub, pizzerie, ecc.), anche le seguenti attività:
- le rivendite di generi di monopolio;
- gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri;
- gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; alle rivendite di giornali;
- le gelaterie e gastronomie;
- le rosticcerie e le pasticcerie;
- gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonche' le stazioni di servizio autostradali, qualora le attivita' di vendita previste dal presente comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche.
In sostanza la proposta di riforma dell'orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali comporterebbe la chiusura nei giorni festivi (quindi lavoro festivo) per tutte le attività commerciali ad esclusione di chi somministra alimenti e bevande e poi gli esercizi commerciali di cui sopra. Però comunque per tutti questi esercizi commerciali vi è una deroga che consente di aprire per 6 giornate festive all'anno. In riferimento ai centri commerciali e negozi, quindi, vi sarebbe la chiusura nelle festività, con 6 giornate di deroga, salvo l'adempimento comunicativo.
Resta il problema di garantire ai lavoratori impiegati nelle attività la giusta retribuzione effettiva riguardo il lavoro festivo, domenicale, straordinario e durante il riposo settimanale.