Il Governo Renzi ha approvato un decreto legislativo, in attuazione del Job Act, che contiene la revisione della disciplina delle mansioni. La novità è che il datore di lavoro può attribuire mansioni inferiori al dipendente in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali. Si tratta di una forte apertura alla possibilità di demansionamento dei lavoratori.
La norma attuale che disciplina le mansioni è l’art. 2103 del codice civile e risale allo Statuto dei lavoratori. La norma è caratterizzata da una certa rigidità in materia di mutamento delle mansioni dei dipendenti, circostanza che ha frenato processi di riorganizzazione aziendale. La modifica delle mansioni in pejus, ossia la possibilità di attribuire ai lavoratori mansioni inferiori rispetto al livello contrattuale è stata finora pressoché non possibile, salvo alcuni casi riferibili al rischio di licenziamento o alla salute del lavoratore, casi che in seguito vedremo.
Dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo nell’ambito del Jobs Act del Governo Renzi, potranno cambiare molti scenari in materia di mansioni dei lavoratori. Vediamo tutte le novità e cosa cambia.
Il nuovo articolo 2103 c.c. – Mutamenti delle mansioni
Lo “schema del decreto legislativo recante il testo organico delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni (ius variandi), in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” (Jobs Act), il Governo Renzi all’art. 55 ha introdotto una nuova disciplina della mansioni. Alla data di entrata in vigore del decreto l’articolo 2103 del codice civile in materia di mutamenti delle mansioni attualmente in vigore sarà interamente sostituito. Vediamo il nuovo art. 2103 c.c. che novità introduce.
Il comma 1 stabilisce che “Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”.
Poi con il comma 2 c’è l’apertura al demansionamento: “In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore”.
Inoltre, il comma 3: ”Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni”.
Mansioni inferiori stabilite dal CCNL o accordo aziendale. Il comma 4: “Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore possono essere previste da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Il livello di inquadramento e la retribuzione non cambiano. Il comma 5 dice chiaramente che in caso di demansionamento il lavoratore, nonostante svolga un’attività lavorativa con mansioni inferiori al proprio livello, egli conserva il proprio livello e soprattutto la stessa retribuzione: “Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa”.
Gli accordi sindacali per il mutamento delle mansioni. Il comma 6: “Nelle sedi di cui all’articolo 2113, ultimo comma, o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”.
Le mansioni superiori danno diritto alla retribuzione maggiorata. Il comma 7: “Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi”.
Il divieto di trasferimento. Il comma 8 “Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.
Il comma 9 conclude il nuovo art. 2103 del codice civile: “Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e quarto comma e fermo quanto disposto al sesto comma, ogni patto contrario è nullo”.
Infine lo schema di decreto abroga l’’articolo 6 della legge 13 maggio 1985, n. 190, in materia di riconoscimento delle mansioni superiori ai quadri intermedi.
Cosa cambia
La prima cosa che si evidenzia è che i datori di lavoro, con l’introduzione del nuovo art. 2103 del codice civile, possono cambiare le mansioni ai dipendenti in maniera molto più libera. La flessibilità organizzativa in materia di mansioni è stata rafforzata notevolmente.
Una delle importanti novità riguarda innanzitutto la possibilità, a parità di livello, di cambiare mansione al lavoratore. Il Decreto permette il mutamento unilaterale delle mansioni del lavoratore all’interno dello stesso livello di inquadramento secondo CCNL. Ciò è una possibilità per il datore di lavoro molto più ampia, in quanto la normativa in vigore attualmente prevede che il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti, il che è comporta una possibilità di cambiamento della mansione molto più limitata rispetto alla possibilità di attribuirgli una mansione scelta tra quelle del livello di inquadramento secondo il CCNL.
Poi c’è una importante apertura al demansionamento, che è la vera grande novità del decreto. La legge delega aveva limitato il mutamento di mansioni dei lavoratori alle sole ipotesi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. Ma nel nuovo testo del Jobs Act la variazione unilaterale delle mansioni dei lavoratori è consentita in tutti i casi di “modifica degli assetti organizzativi”. Quindi sono molto più ampi i casi in cui sarà possibile il cambiamento delle mansioni da parte del datore di lavoro, con una decisione anche contro la volontà del lavoratore.
La possibilità di adibire il lavoratore a mansioni inferiori. Il datore di lavoro può decidere quindi di modificare gli assetti organizzativi e per tale motivo cambiare la mansione dei lavoratori scegliendo di attribuire una mansione inferiore con una decisione unilaterale, ma la legge pone alcuni vincoli. Se la mansione è modificabile infatti, non sarà invece possibile scendere al di sotto del livello di inquadramento, ossia il datore di lavoro nell’attribuire mansioni inferiori al proprio lavoratore per modifica degli assetti organizzativi dovrà stare attento a non attribuirgli anche un livello di inquadramento inferiore secondo il CCNL.
In sostanza, il lavoratore può essere adibito a mansioni inferiori, ma il livello di inquadramento presente nella busta paga non deve essere modificato. L’art. 2103 però pone un freno al datore di lavoro in termini di trasferimento del lavoratore per ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ossia è possibile il demansionamento ma non il trasferimento del lavoratore.
Lo stipendio non cambia: la retribuzione resta la stessa. Inoltre, così come non è possibile modificare il livello di inquadramento (quello anche inserito nella declaratoria dei contratti collettivi), non sarà soprattutto possibile modificare la retribuzione del lavoratore al momento del cambio dell’incarico conferito al lavoratore con una lettera scritta. E’ infatti proibito non solo la mansione inferiore ma anche una retribuzione inferiore.
Sono quindi fatti salvi i diritti acquisiti dei lavoratori in materia di retribuzione: nella busta paga il lavoratore non subirà una riduzione della paga base o di altri elementi contrattuali. Del resto, il suo livello contrattuale (livello di inquadramento secondo CCNL) non può cambiare per effetto del cambiamento delle mansioni.
Oltre alle ipotesi di modifica degli assetti organizzativi, il demansionamento potrà essere reso possibile anche da “ulteriori ipotesi previste da contratti collettivi, anche aziendali”.
Dall’altro lato, nei casi di crisi aziendali o occupazionali, è previsto che possa essere stipulato in sede sindacale, presso la DTL, o avanti le commissioni di certificazione, un accordo individuale di modifica modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione. Ipotesi di demansionamento (mutamento mansioni in peius), mutamento della retribuzione e dell’inquadramento che è consentita anche per “l’acquisizione di una diversa professionalità” e, addirittura, “per il miglioramento delle condizioni di vita”.
Le mansioni superiori diventano definitive dopo 6 mesi. Ovviamente l’azienda può decidere liberamente di attribuire, nell’ambito della modifica degli assetti organizzativi, una mansione e un livello superiore al proprio dipendente, riconoscendogli la retribuzione maggiore adeguata al nuovo livello contrattuale superiore secondo CCNL (ovviamente se l'azienda non adegua la retribuzione, il lavoratore ha diritto alle differenze retributive, che può richiedere anche tramite contenzioso, per il quale sono necessari gli appositi conteggi di lavoro di un Consulente del Lavoro abilitato). La nuova norma stabilisce che l’assegnazione diviene definitiva, quindi il livello superiore è definitivo se passano 6 mesi continuativi oppure il periodo fissato dal CCNL o dal contratto aziendale.
Demansionamento: quando la legge lo consente
Il demansionamento nella normativa precedente all’introduzione delle variazioni del Jobs Act era pressoché vietato. Adibire alle mansioni inferiori un lavoratore era consentito solo in alcuni specifici casi al verificarsi dei quali la legge prevede l’attribuzione di mansioni inferiori onde evitare il licenziamento del lavoratore.
Mansioni inferiori per inabilità a seguito di infortunio o malattia. E’ possibile attribuire a mansioni inferiori un lavoratore ai sensi dell’art. 4, comma 4, della legge n. 68 del 1999 in materia di diritto al lavoro dei disabili. Questa norma consente il mutamento delle mansioni per i lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia. Questi lavoratori se non possono essere adibiti a mansioni equivalenti, possono essere adibiti a mansioni inferiori ma sempre con il diritto al mantenimento della retribuzione (quindi senza che lo stipendio si riduce).
Mansioni inferiori per inidoneità alla mansione specifica. Un altro caso in cui il lavoratore può essere adibito a mansioni inferiori è quanto ai sensi del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, egli viene considerato dal medico competente inidoneo alla mansione specifica. In questo caso il datore di lavoro deve adibire, ove possibile, il lavoratore ad una mansione compatibile con il suo stato di salute. E la mansione può essere inferiore. Anche in questo caso il lavoratore conserva comunque il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria.
Procedure per la dichiarazione di mobilità. Un’ulteriore ipotesi di demansionamento è prevista nell’ambito degli accordi sindacali stipulati nel corso di procedure per la dichiarazione di mobilità che prevedono il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti. In questo caso infatti è prevista una deroga alla normativa dell’art. 2103 del codice civile in merito all’assegnazione di mansioni diverse da quelle svolte. E in questo caso è prevista la possibilità di attribuire il lavoratore a mansioni inferiori a quelle del livello di inquadramento per evitare il collocamento in mobilità dei lavoratori.
Consulente del lavoro in Napoli. Esperto di diritto del lavoro e previdenza, di buste paga e vertenze di lavoro. Ama districarsi nell’area fiscale. E risolvere problemi dei lavoratori, delle imprese e dei contribuenti. Email: abarbato@fanpage.it.