Riforma del lavoro: cosa cambia su contratti, licenziamenti e art. 18
Si preannunciava una riforma consistente, epocale ed anche storica: così è stato. E’ stata approvata la riforma del lavoro, voluta dal Governo Monti – Fornero. Molteplici le novità in ambito di licenziamenti, confermate le modifiche all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (la legge n. 300 del 1970), apportate importanti modifiche a dei contratti molto diffusi nel mondo del lavoro precario italiano: il contratto a termine ed il contratto a progetto.
Ma torniamo ai licenziamenti: quindi dopo tantissimi anni ed una difesa ferrea da parte dei lavoratori, la tutela reale contro i licenziamenti illegittimi, la disciplina dei licenziamenti è stata modificata. Viene introdotto il licenziamento per motivi economici, libero dall’obbligo di reintegro nel posto di lavoro, anche per le aziende con più di 15 dipendenti. Viene indebolita l’autonomia dei giudici nei licenziamenti disciplinari. Salvo solo il licenziamento discriminatorio, che è il più grave ed intoccabile.
Importanti novità anche per i contratti di lavoro diversi dal contratto di lavoro a tempo indeterminato. Dalle modifiche sul lavoro a progetto, a quelle relative al contratto a termine, fino alla presunzione di subordinazione per i lavoratori autonomi con partite Iva con meno di 18.000 euro di reddito, tutta la linea della riforma è improntata nel combattimento delle forme nascoste di lavoro subordinato e indeterminato. Così come viene inasprita la lotta contro le dimissioni in bianco. Una cosa è certa, tali tipologie di contratto ne escono fortemente ridimensionate, almeno nella convenienza aziendale ad utilizzarli come forma contrattuale. Rafforzato dalla manovra solo il contratto di apprendistato rivolto ai giovani.
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, anche in questo caso c’è una svolta molto importante: l’introduzione dell’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego. Sostituisce l’indennità di disoccupazione, sostituirà l’indennità di mobilità. Confermata anche l’una tantum cocopro. Vediamo tutte le misure, una per una.
Le novità su licenziamenti e sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori
Licenziamenti economici. Dopo 40 anni viene modificato l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Viene previsto un reintegro del lavoratore, in caso di licenziamento economico (per giustificato motivo oggettivo), solo se c’è manifesta insussistenza delle ragioni che hanno portato al licenziamento. Solo in questo caso c’è il reintegro più un risarcimento massimo di 12 mensilità. Il licenziamento per motivi economici, se ritenuto illegittimo, porta quindi ad un indennizzo e non più ad un reintegro, come era con l’applicazione della tutela reale.
L’indennizzo è pari ad un’indennità che va da un minimo di 12 mensilità ad un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale. Il giudice per determinare l’indennità spettante tra il minimo e il massimo previsto tiene conto delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione.
Licenziamenti disciplinari. Viene ridotta la discrezionalità del giudice in caso di licenziamento illegittimo. Nei casi di licenziamenti disciplinari illegittimi, infatti, il reintegro nel posto di lavoro potrà essere scelto dal giudice ma solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi. Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo viene introdotto un doppio regime sanzionatorio (la normativa finora in vigore prevedeva l’obbligo di reintegrazione per le aziende oltre i 15 dipendenti, la tutela reale).
Se il fatto non sussiste, o è riconducibile a condotte che possono essere punite con una sanzione minore, rispetto al licenziamento, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi e dai codici disciplinari (e quindi non anche dalle previsioni di legge), il giudice dispone il reintegro del lavoratore e riconosce un’indennità risarcitoria pari ad un massimo di 12 mensilità.
In tutti gli altri casi, pur se dichiarato illegittimo il licenziamento, scatta solo il pagamento di un’indennità risarcitoria tra le 12 e le 24 mensilità, calcolata in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero degli occupati in azienda e delle dimensioni della stessa.
Licenziamenti discriminatori. Se il licenziamento intimato dal datore di lavoro è riconosciuto come discriminatorio, per ragioni di credo politico o fede religiosa, di discriminazione razziale, di lingua o di sesso, è previsto il reintegro automatico del lavoratore nel posto di lavoro, a meno che il lavoratore non opti di sua volontà per il pagamento di un indennizzo. La riforma del lavoro sul licenziamento discriminatorio conferma le norme attualmente in vigore. Quindi il reintegro del lavoratore viene riconosciuto a prescindere dalla dimensione aziendale. L’indennità di risarcimento verrà commisurata all’ultima retribuzione maturata dal momento del licenziamento fino al momento dell’effettiva reintegrazione nel posto di lavoro e comunque l’indennizzo non può essere inferiore alle 5 mensilità. Il dipendente, come accennato, può chiedere il pagamento di 15 mensilità di indennizzo rinunciando al reintegro. In questo caso si ha la contestuale risoluzione del rapporto di lavoro.
Le modifiche ai contratti di lavoro
Apprendistato per i giovani. La riforma dell’apprendistato voluta dal Governo l’anno scorso era un preciso segnale: l’apprendistato sarà il contratto principale con cui i giovani entreranno nel mercato del lavoro ed avrà una durata non inferiore a 6 mesi, fatte salve le attività stagionali. Sono previsti dei paletti contro gli abusi del contratto di apprendistato: nelle aziende con meno di 10 dipendenti il rapporto tra apprendisti e maestranze specializzate e qualificate deve essere 1 a 1. Mentre negli altri casi, le aziende più grandi, il numero di apprendisti non può superare il rapporto di 3 a 2. Inoltra l’assunzione di apprendisti deve essere subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Per i primi 36 mesi di entrata in vigore della legge il limite scende al 30%.
Le modifiche al contratto a termine. Per il contratto a tempo determinato consistenti novità: sarà possibile una stipula del primo contratto tra le parti senza indicare ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, e con durata di un anno (prima era 6 mesi). Sono stati prolungati gli intervalli di tempo tra un contratto a termine e l’altro affinché non ci sa la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato: dai 10 giorni attualmente previsti ai 60 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi, dai 20 attuali ai 90 giorni successivamente ad un contratto di durata superiore a 6 mesi.
I CCNL nazionali però possono prevedere, in casi specifici (come l’avvio di una nuova attività, il lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, ecc.) la riduzione dei nuovi intervalli a 20 giorni per i contratti inferiori a 6 mesi e 30 giorni per quelli superiori. Aumenta anche il costo per le imprese essendo stato introdotto un contributo aggiuntivo dell’1,4% che va a finanziare l’Aspi (di cui parleremo in seguito).
Contratto a progetto solo per progetti specifici. Questa tipologia contrattuale, agevolata nei costi per la sua contribuzione previdenziale in misura ridotta e quindi molto utilizzata nel mondo del lavoro italiano, è stata fortemente ridimensionata dalla riforma. Il contratto a progetto stipulato tra le parti deve essere riconducibile solo a progetti specifici e tali progetti non possono essere solo la mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente. Si tratta di una stretta contro quei contratti a progetto che nascondono una natura subordinata. Quindi non più “programmi di lavoro o fasi di questi ultimi” ma “progetti specifici”. Dovrà essere indicato nel contratto il risultato finale che si intende conseguire.
Inoltre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato, sin dalla costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe rispetto a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente. Altra novità, il corrispettivo riconosciuto al collaboratore non potrà essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività. In pratica nasce una sorta di salario base per i co.co.pro.
Partite Iva, collaborazione e presunzione di lavoro subordinato. Le imprese rischiano ad avere collaboratori pagati per le loro prestazioni tramite la partita Iva e la fatturazione, ma di fatto presenti in azienda per tutto l’anno. E’ diventato molto più facile dimostrare la presenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti: vige la presunzione di lavoro subordinato.
Sono stati stabiliti nuovi vincoli: sono considerati rapporto di collaborazione coordinata e continuativa nel caso in cui sussistano due presupposti, ossia che la collaborazione sia superiore a 8 mesi nell’arco di un anno solare e che il ricavo dei corrispettivi percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare superi la misura dell’80% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dell’anno solare stesso. Infine che il collaboratore abbia una postazione fissa di lavoro presso il committente. Per maggiori informazioni vediamo la presunzione di collaborazione per i titolari di partita Iva.
Partite Iva vere se il reddito è di almeno 18.000 euro. Un’altra importante novità, collegata alla presunzione di subordinazione precedentemente descritta, è la presunzione di veridicità della partita Iva di un lavoratore autonomo solo se il suo reddito annuo lordo è di almeno 18.000 euro. In caso contrario scattano gli indicatori di rischio che fanno supporre che la partita Iva sia falsa. La presunzione non opererà in caso di lavoratori iscritti ad un ordine professionale.
Tirocinio. Sono previste delle azioni atte a contrastare l’uso improprio del tirocinio formativo e di orientamento. Verrà prevista una congrua indennità per gli stagisti e delle sanzioni per i trasgressori. Saranno emanati decreti legislativi che fisseranno i principi fondamentali ed i requisiti minimi dei tirocini formativi e di orientamento. Saranno individuate sanzioni amministrative in misura variabile da 1.000 a 6.000 euro.
Buoni lavoro voucher numerati e datati. Un’altra importante novità riguarda lo strumento di pagamento della retribuzione nel caso di lavoro occasionale di tipo accessorio, ossia i buoni lavoro (c.d. voucher). Sempre per evitare abusi, i buoni d’ora in poi saranno numerati progressivamente e datati. Nel settore agricolo arriva il via libera per l’utilizzo dei voucher per le attività di carattere stagionale ma alle seguenti condizioni: le aziende al di sotto dei 7.000 euro di fatturato non avranno problemi, mentre quelle sopra tale soglia potranno utilizzare i voucher solo per i pensionati e gli studenti sotto i 25 anni, se iscritti regolarmente ad un ciclo di studi di ogni ordine e grado o ad un ciclo di studi universitari.
Introdotta la comunicazione preventiva per il lavoro intermittente. Per il Job on call, per evitare che nasconda un rapporto di lavoro subordinato, viene introdotta la comunicazione preventiva del datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro competente. Tale adempimento potrà essere effettuato anche tramite sms, fax o posta elettronica certificata. La durata della prestazione lavorativa non deve essere superiore a 30 giorni. Il limite di età del lavoratore viene abbassato da 25 a 24 anni, mentre il limite massimo viene innalzato da 45 a 55 anni.
La lotta contro le dimissioni firmate in bianco. Arriva una decisa stretta sulle dimissioni, che unitamente alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, saranno condizionate dalla convalida secondo quanto sarà previsto da un decreto del Ministero del Lavoro. Le dimissioni della lavoratrice madre dovranno essere convalidate dalla DPL non più se avvengono entro un anno di vita del bambino ma entro i primi tre anni. In alternativa ci dovrà essere una sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione unilav di cessazione del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto sarà punito con la sanzione da 5.000 a 30.000 euro.
Assicurazione sociale per l’impiego e le novità sugli ammortizzatori
Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi). Nasce una nuova indennità di disoccupazione, nasce un ammortizzatore sociale di tipo universale chiamato “Assicurazione sociale per l’impiego”. Ogni tipo di tutela contro la disoccupazione confluirà in questa nuova assicurazione che avrà una durata minima di 12 mesi, fino a 54 anni, e massima di 18 mesi, oltre i 55 anni. Verrà in questo modo superata l’indennità di mobilità. La fase transitoria si completerà nel 2017. La prestazione previdenziale è estesa anche agli apprendisti, artisti ed ai dipendenti a termine della Pubblica amministrazione.
I requisiti di accesso sono i seguenti: un’anzianità assicurativa di almeno 2 anni e 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio. L’importo massimo dell’Aspi è di 1.119,32 euro. Sarà previsto un abbattimento dell’indennità del 15% dopo i primi 6 mesi e di un’ulteriore 15% nei successivi 6. Per chi non ha i requisiti è introdotta la Mini aspi, che può essere concessa in presenza di almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi ed avrà un importo dell’indennità in misura pari a quello dell’Aspi.
Una tantum per i co.co.pro. Questa prestazione previdenziale erogata dall’Inps esiste già da qualche anno. Con la riforma del Lavoro voluta dal Ministro Fornero, l’una tantum cocopro sarà rafforzata dal 2013, quindi i collaboratori a progetto, iscritti esclusivamente alla Gestione separata, che hanno lavorato per almeno 6 mesi in regime di monocommittenza potrebbero ricevere fino a 6.000 euro di una tantum.